Le parole del narcoboss sul suo arresto (e non solo) - affidate al suo avvocato - rischiano di generare un terremoto politico nel paese
CITTÀ DEL MESSICO - Le rivelazioni del narcoboss messicano, Ismael "El Mayo" Zambada, sulle circostanze che hanno portato alla sua cattura negli Stati Uniti rischiano di scatenare un terremoto politico all'interno del governo del presidente uscente Andres Manuel Lopez Obrador.
In uno scritto consegnato ai media dal suo avvocato, il leader del cartello di Sinaloa afferma infatti di essere stato sequestrato mentre partecipava a una riunione tra il governatore di Sinaloa, Rubén Rocha Moya - del partito di governo Morena - e l'ex sindaco di Culiacàn, Héctor Cuen.
Zambada afferma inoltre che quest'ultimo è stato assassinato durante quella stessa riunione a cui avrebbero presenziato anche Joaquin Guzman Lopez, figlio del "Chapo" Guzman, il fratello di quest'ultimo, Iván Guzmán Salazar, e il comandante della polizia giudiziaria dello stato di Sinaloa, José Rosario Heras López.
Rocha ha smentito oggi in modo categorico le dichiarazioni del narcoboss. «Non c'è nulla che mi possa collegare con questa faccenda e non ha alcun senso affermare che un membro della criminalità organizzata mi abbia contattato per risolvere un problema», ha dichiarato alla stampa il governatore di Sinaloa.
In suo favore si è speso oggi lo stesso presidente Lopez Obrador, che ha detto di voler «aspettare la sua versione dei fatti» e che avrebbe parlato della questione solo lunedì «con maggiori elementi a disposizione». Sulla stessa linea la presidente eletta Claudia Sheinbaum ha invitato alla prudenza e ha affermato che nel frattempo «continueremo ad appoggiare il governatore di Sinaloa e al suo popolo».