Le parole dell'ultrà interista, Cristian Ferrario, arrestato tra venerdì e sabato, che nega ogni collegamento con l'arsenale rinvenuto
MILANO - «Quelle armi non erano mie, non le custodivo, non sapevo nemmeno che ci fossero». Così si è difeso, in sostanza, Cristian Ferrario, ultrà interista 50enne arrestato nella notte tra venerdì e sabato scorso, quando gli investigatori della Squadra Mobile di Milano, che indagano sulle curve di San Siro coi pubblici ministeri (pm) Paolo Storari e Sara Ombra, hanno trovato in un magazzino a Cambiago, nel Milanese, il presunto arsenale della curva Nord, composto, tra l'altro, da kalashnikov, bombe a mano e proiettili.
Arrestato in flagranza per detenzione di armi da guerra, Ferrario, che era finito già ai domiciliari a fine settembre nell'inchiesta «doppia curva» come presunto prestanome del capo ultrà Andrea Beretta (misura poi sostituita con l'obbligo di dimora), ha respinto le accuse nell'interrogatorio di convalida davanti al giudice per le indagini preliminari (gip) Domenico Santoro e assistito dall'avvocato Mirko Perlino.
Il 50enne ha messo a verbale che lui «non sapeva nulla» delle armi, anche perché erano ben nascoste, non visibili. Quello, secondo la sua versione, era un magazzino che avevano trovato lui e Beretta quando avevano dovuto «sgomberare un bar di Cambiago cinque anni fa». Avevano messo «tutti gli arredamenti del bar in questo locale» e non ci andavano «quasi mai», l'ultima volta che lui ci era andato «era stato lo scorso luglio, quando si era allagato per un temporale e con Beretta» era andato là «per pulirlo».
I pm hanno chiesto per Ferrario la custodia cautelare in carcere e il gip dovrà decidere. Per la difesa mancano «i gravi indizi». È stato arrestato, ha spiegato il difensore, solo perché «a casa sua è stata rinvenuta una chiave» e si è arrivati a lui «tramite una fonte confidenziale, ma la fonte diceva solo che in quel magazzino c'erano armi, non diceva che sono sue».
E' ormai noto che Beretta, in carcere dai primi di settembre per l'omicidio di Antonio Bellocco, esponente dell'omonima cosca di 'ndrangheta e nel direttivo della Nord, sta collaborando coi pm negli interrogatori in corso. Si vuole fare luce, oltre che su dinamiche e business delle curve, anche sull'omicidio del capo ultrà nerazzurro Vittorio Boiocchi del 2022. Tra le armi ritrovate nel magazzino pare non ci sia quella che ha sparato a Boiocchi.