Il sovranista Călin Georgescu vince a sorpresa il primo turno delle presidenziali in Romania.
BUCAREST - Le previsioni di voto lo accreditavano solo del 5% delle preferenze in vista del primo turno delle elezioni presidenziali. Ma dalle urne arriva la sorpresa («mai in 34 anni di democrazia si è assistito a un'impennata simile rispetto ai sondaggi» ha scritto Reuters) e l'Europa scopre il volto di Călin Georgescu: a lui il 22,9% dei voti.
Nato a Bucarest 62 anni fa, una laurea all'Università di Scienze Agronomiche e Medicina Veterinaria, con un dottorato in pedagogia e un master in bonifica del territorio, Georgescu è definito dalla stampa internazionale un «filo-russo estremista di destra» per le dichiarazioni lasciate nel recente passato (definì «martire» il dittatore filo-nazista Ion Antonescu e «uomo che ama il suo Paese» il presidente russo Vladimir Putin, ricorda il Financial Times), oltre che per essere stato vicino al partito nazionalista radicale AUR.
Anche se, a oggi, in vista del ballottaggio previsto il prossimo 8 dicembre - quando affronterà la riformista anti-corruzione di centrodestra Elena Lasconi (19,18% dei voti) -, il 62enne resta un candidato indipendente. E se il giorno dell'Immacolata vincesse, le sue idee, che fanno tremare l'establishment europeo, potrebbero mettere in discussione l'appartenenza della Romania alla Nato - di cui ha più volte messo in dubbio i benefici per il proprio Paese - e l'attuale posizione filo ucraina di Bucarest, sulla quale ha glissato: la priorità di governo deve essere quella di prendersi cura della Romania.
Ipotesi - queste ultime - non irrealizzabili, dato che il presidente resta in carica cinque anni con poteri decisionali sulla spesa per la difesa e sulla politica estera. E sebbene venga oggi definito populista (dopo il voto ha rivolto il suo pensiero «a chi si sente di non contare») per la posizione protezionistica in economia e di difesa agli agricoltori, il "leader a sorpresa" di sicuro ha fatto breccia nel malcontento popolare, che lamenta una cattiva gestione dell'attuale governo Ciolacu (che ieri si è dimesso dalla presidenza del Partito socialdemocratico) e la sordità dei partiti, incapaci, a detta di Georgescu, di ascoltare «il grido di pace del popolo rumeno».