I ribelli filo-turchi puntano alla distruzione della dinastia di Bashar al-Assad. La Russia in soccorso al presidente
ALEPPO - Era il momento giusto per colpire. Le forze filo-iraniane erano stanche e distratte dalle costanti minacce e dagli attacchi dell'esercito israeliano in Palestina e in Iran. Si sono infatti subito ritirate da Aleppo e altre regioni del nord della Siria, lasciando le truppe governative siriane in balia dell'attacco delle milizie filo-turche, che da venerdì scorso occupano militarmente la zona.
È da prima dello scoppio della guerra civile in Siria che la Turchia arma e finanzia gruppi militari e paramilitari che rivendicano il controllo e la gestione dei territori siriani lungo il confine turco. La principale preoccupazione di Erdogan è sempre stata quella di tenere sotto scacco le milizie curde, che da tempo godono di grande popolarità in Turchia e minacciano il potere politico. Una buona parte della popolazione turca è di origine curda e simpatizza con quella che potrebbe essere definita la principale opposizione al governo di Erdogan. Per il presidente turco è dunque sempre stato fondamentale indebolire il Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) e suoi affiliati, anche al costo di immischiarsi in conflitti esteri. Le rivendicazioni territoriali dei partiti curdi si estendono infatti anche al di là delle frontiere turche, con la creazione di uno Stato tra Siria, Iraq, Iran e appunto Turchia.
Ma sarebbe un errore cercare di comprendere il conflitto in corso soltanto in chiave anti-curda. Le forze filo-turche, infatti, hanno preferito negoziare con le milizie filo-curde stazionate ad Aleppo. Da tempo quest’ultime controllano un bastione nella "capitale del Nord" e durante l'incursione e l'imminente ritiro delle forze governative siriane avevano in un primo momento preso il controllo dell'aeroporto internazionale, per poi cederlo (dopo ore di trattative) proprio ai militanti filo-turchi. L'incursione è dunque prima di tutto da intendere come un proseguimento se non un peggioramento della guerra civile in corso dal 2011, con decine di fazioni che sperano di vedere il crollo della dinastia di Bashar al-Assad e, soltanto in un secondo momento, spartirsi (o accaparrarsi con la forza) il controllo della Siria e delle sue risorse energetiche.
Al momento, Assad, può fare affidamento sulla Russia, sua alleata. Il presidente siriano si è personalmente recato a Mosca per tentare di convincere Putin a bombardare le aree attualmente occupate dei ribelli. Una richiesta esaudita, ed eseguita dall'aviazione russa.