A originare l'esplosione potrebbe essere stata la simultaneità tra lavori di manutenzione e le operazioni di carico delle autocisterne
CALENZANO - La Procura di Prato, che sta facendo chiarezza sull'esplosione avvenuta lunedì nel deposito di stoccaggio Eni di Calenzano (Firenze), ipotizza che all'origine della tragedia (che ha causato cinque morti e oltre 20 feriti) ci sia stata una chiara inosservanza delle rigide procedure previste».
Fondamentale, nella ricostruzione scritta nero su bianco nel decreto di perquisizione che ha riguardato gli uffici Eni e della società per la quale lavoravano due delle vittime, c'è la testimonianza di una delle persone che è sfuggita per un pelo alla morte. L'uomo ha dichiarato di aver «visto uscire roba e pensavo fosse acqua, poi ho sentito puzzo» di carburante «e sono andato indietro». Il fatto di essersi allontanato per dare l'allarme gli ha salvato la vita, anche se non ha impedito che restasse ferito a un braccio.
Un altro punto del racconto è cruciale: l'addetto spiega di aver visto che erano in corso lavori di manutenzione mentre quattro o cinque autocisterne si trovavano presso la piattaforma di carico. Questa fase lavorativa richiede «rigorosissime linee guida da seguire», spiega la Procura toscana, che potrebbero essere state disattese. «Ero in fila ad aspettare il mio turno, ho visto degli operai che stavano lavorando a dei tubi» nella parte anteriore della piattaforma.
Gli inquirenti - che stanno indagando per una serie di capi d'accusa, a partire da omicidio colposo plurimo, lesioni colpose e disastro colposo - ipotizzano che «le conseguenze di tale scellerata condotta - è l'ipotesi della Procura - non potevano non essere note o valutate dal personale che operava in loco. La circostanza che fosse in atto una attività di manutenzione di una linea di benzina corrobora l'ipotesi che vi siano state condotte connesse all'evento di disastro».