L'assenza della Corea del Nord ai Giochi di Tokyo era stata annunciata in primavera. Decisione sofferta ma necessaria?
Secondo gli analisti, la rinuncia di Pyongyang non sarebbe stata presa a cuor leggero: «La Corea del Nord eccelle nella sua propaganda quando si tratta di eventi sportivi internazionali».
PYONGYANG - L'annuncio ufficiale era arrivato già lo scorso 6 aprile, ma qualcuno se ne sarà reso conto solamente in questi giorni: ai Giochi olimpici di Tokyo 2020 non ci sono atleti della Corea del Nord. Ufficialmente la decisione pronunciata dal Ministero dello Sport nordcoreano era stata a suo tempo motivata con la volontà di Pyongyang di voler proteggere i propri atleti dai pericoli del coronavirus, che nel Paese asiatico, lo ricordiamo, non è mai stato ufficialmente riscontrato. Ma non solo.
Se il Covid resta indubbiamente la prima causa della defezione nordcoreana, per alcuni analisti ci sarebbero anche alcuni calcoli politici dietro alla decisione di Kim Jong-un di non esporsi a quello che potenzialmente potrebbe tradursi in un enorme rischio per una nazione con un sistema sanitario così fragile e delicato. E in fondo, non sarebbe la prima volta che la politica si incrocia con i cinque anelli.
Per tornare agli ultimi Giochi estivi senza la Corea del Nord occorre riavvolgere le lancette fino al lontano 1988, quando Pyongyang decise di boicottare l'edizione assegnata a Seul dopo che il Comitato Olimpico Internazionale rispose picche alla richiesta del Nord di co-ospitare le Olimpiadi con i non amati vicini. Ma la decisione di rinunciare alla kermesse di Tokyo, in casa dei rivali giapponesi, non deve essere stata presa a cuor leggero dal leader nordcoreano.
Un'occasione persa per esercitare quella propaganda "sportiva" in cui la Corea del Nord «eccelle», ha spiegato il professor Sung-Yoon Lee - della Tufts University del Massachusetts - all'Associated Press. E perdere questo genere di occasioni è sintomo di «una grande paranoia da Covid», ha aggiunto Joshua Pollack, esperto in questioni nordcoreane del Middlebury Institute of International Studies di Monterey. Dalle parti di Pyongyang il Covid non c'è, ma la sua ombra fa paura. All'inizio del mese Kim Jong-un aveva denunciato un «grave incidente» legato alla pandemia, senza però mai precisarne la vera natura. Poi più nulla. E a distanza di settimane, tutti i tamponi effettuati nel Paese hanno dato esito negativo.
In quell'occasione, che vide pure la rimozione di alcuni funzionari, qualcuno lesse la volontà di Kim di scaricare qualche responsabilità per consolidare la sua immagine agli occhi del popolo. E la rinuncia al palcoscenico di Tokyo potrebbe collocarsi a sua volta in questo filone; rinunciare agli sguardi gratuiti del mondo intero per ribadire il messaggio alla popolazione: «La vostra sicurezza prima di tutto il resto».