L'ex premier non ha ancora ufficializzato la sua candidatura ma ha già fatto qualche calcolo. Gli servono altri 52 voti
ROMA - Silvio Berlusconi presidente della Repubblica. Chiamatela ipotesi, "toto Quirinale" o "FantaColle". La sostanza preliminare non cambia. Anche sotto le sembianze di un'improbabile profezia. La si legge e ci si ferma per qualche istante a pensare. È un riflesso inevitabile.
Soprattutto per chi ha osservato un quarto di secolo, più spiccioli, di cosiddetta "Seconda Repubblica" dall'altro lato della staccionata. Solo pochi giorni fa, la BBC ne ha fatto un ritratto emblematico. «I festini a luci rosse, le condanne per evasione fiscale e una lunghissima lista di scandali. È possibile che, nonostante tutto, diventi presidente?».
Ufficialmente parlando, per quello che vale, l'ex "premier" italiano non ha ancora sciolto le proprie riserve in merito a una sua candidatura per il dopo Mattarella e - dopo l'ultimo consulto in casa "azzurra" - ha rinviato la pratica a gennaio. «Ne abbiamo parlato e abbiamo anche rimandato ogni decisione all’inizio dell’anno prossimo».
Insomma, non ha ancora deciso. O meglio, molto probabilmente lo ha già fatto ma tra imbarazzi ed equilibri precari, nessuno sembra voler mostrare le proprie carte anzitempo. Neanche lui. E quindi si aspetta; anche se Berlusconi, va detto, sembra farlo con una certa fiducia.
La scalata verso il Quirinale dopo il settennato di Sergio Mattarella non presenta nessun candidato nettamente favorito. Certo, c'è il grande nome di Mario Draghi, l'attuale presidente del Consiglio, che potrebbe incassare le preferenze sia dal centrosinistra che dal centrodestra. I riverberi di una sua elezione al Colle sulla maggioranza sarebbero però probabilmente distruttivi per la stessa, portando la Penisola sulla via di nuove elezioni anticipate.
Non a caso, anche Draghi - così come gli altri buttati nell'urna del "toto nomi" - sono stati molto cauti. Il rischio di un'ustione è sempre dietro l'angolo. L'incertezza è tanta. La fiducia poca, anche all'interno dei propri schieramenti. E in fasi come questa, quello dei cosiddetti "franchi tiratori" - sovviene il ricordo dell'aprile 2013, quando i 101 "cecchini" del Parlamento italiano fecero fuori dalla corsa Romano Prodi e alla fine si arrivò alla riconferma di Giorgio Napolitano, primo bis presidenziale della storia della Repubblica italiana - diventa spesso il partito di maggioranza.
Al netto di tutto ciò, anche della scaramanzia, Silvio Berlusconi avrebbe già fatto un paio di conti. Stando a quanto riporta oggi il "Sole 24 Ore", all'ex premier italiano mancherebbero ancora o solo, a dipendenza dei punti di vista, 52 voti per raggiungere la soglia dei 504, l'attuale maggioranza assoluta dell'Assemblea, ovvero il quorum minimo per essere eletti al Colle a partire dal quarto scrutinio (durante le prime tre tornate la soglia è fissata a 671, i due terzi del totale). Ma se ne riparlerà solo dopo le feste.