Lo stillicidio di dimissioni, sull'onda dello scandalo Fincher, mette in crisi Downing Street.
Il premier britannico non intende lasciare e ha già provveduto a un "mini rimpasto" per tappezzare i buchi nell'esecutivo. Ma nel partito Conservatore c'è chi lavora per riscrivere le regole e sfiduciarlo. E inoltre, altri ministri potrebbero lasciare.
LONDRA - Un tassello che si abbatte su quello successivo, facendolo cadere. Come in una fila di tessere del domino, osservate al rallentatore. E a osservarle è Boris Johnson, che vede in queste ore il suo governo sgretolarsi sull'onda del caso Pincher. L'ennesimo scandalo che suona al campanello del 10 di Downing Street.
Le prime due tessere sono cadute nel tardo pomeriggio di ieri - con le dimissioni in tandem del ministro della Sanità britannico Sajid Javid e quelle del cancelliere dello Scacchiere Rishi Sunak. La terza in serata, Bim Afolami, uno dei vicepresidenti Tory.
Le ultime (per ora, almeno) sono di questa mattina con il viceministro Will Quince, che si è dimesso puntando l'indice contro le rassicurazioni fornite dal premier - che si era detto estraneo ai fatti, mentre in realtà sarebbe stato informato di quanto accaduto sin dal 2019 -, e del viceministro per gli Standard della Scuola, Robin Walker. E alle defezioni di alto rango se ne aggiungono una mezza dozzina nelle seconde file dell'esecutivo britannico. Si è arrivati a quota 16 dimissioni, ma la cifra è destinata ad aumentare.
Lo scandalo, per ricordarlo in breve, riguarda Chris Pincher, vice capogruppo dei Conservatori alla Camera dei Comuni, che avrebbe palpato due uomini da ubriaco in un club privato di Londra. Il premier è stato attaccato duramente anche dal leader dei Laburisti, Sir Keir Starmer, che ha etichettato come «patetico» il suo comportamento, accusandolo di aver promosso «un predatore sessuale».
Il governo appare in bilico. Ma Boris Johnson ha ribadito alla Camera di non aver nessuna intenzione di mollare e che il governo va avanti nel suo lavoro. E anzi, ha "replicato" allo stillicidio con un immediato "mini rimpasto" per tappezzare le crepe. Secondo diversi analisti però questa vicenda potrebbe di fatto segnare un passo irreversibile verso la fine della "premiership", già sfregiata dai precedenti scandali (su tutti il "Partygate"), di BoJo che ormai non gode più dell'appoggio dei cittadini e, probabilmente, neanche di quello della maggioranza conservatrice. Johnson tuttavia non può essere rimosso dal suo incarico in quanto il sistema britannico è orfano di un tale strumento.
Lo scorso mese il premier si è salvato per il rotto della cuffia nel voto di sfiducia del suo partito. E quindi non sono possibili altre votazioni di questo tipo per almeno dodici mesi. Allo stato attuale delle cose. Perché secondo quanto scrive Politico, nel fronte conservatore c'è chi si sta impegnando per farsi eleggere nel Comitato 1922 così da poter riscrivere le regole del partito e sottoporre nuovamente Johnson al voto. E a quel punto cacciarlo.