Atmosfera tesa e rovente attorno alla proposta francese di adesione del Paese
Opposizione di governo e manifestanti continuano a protestare. La presidente della commissione Ue Ursula von der Leyen invita ad accettare per avviare i negoziati
SKOPJE - Al Parlamento macedone a Skopje è ripreso oggi, in un'atmosfera tesa e surriscaldata, il dibattito sulla proposta modificata francese diretta a favorire l'avvio del negoziato di adesione della Macedonia del Nord alla Ue superando la disputa storico-identitaria con la Bulgaria. Gli iscritti a parlare sono una quarantina, ed è difficile fare previsioni sulla conclusione del dibattito e il voto in aula, che dirà una parola definitiva sull'accettazione o meno della proposta di Parigi.
L'opposizione alla proposta francese - Tale documento è stato già accettato da Sofia, che ha tolto il veto sull'apertura del negoziato Ue con Skopje, e anche dal governo e dal presidente macedoni. Una strenua resistenza continua invece da parte dall'opposizione conservatrice e nazionalista, che considera la proposta francese, seppur con le modifiche apportate, contraria agli interessi nazionali macedoni. Per questo proseguono nella capitale manifestazioni di protesta, per le quali da una decina di giorni sono mobilitate ingenti forze di polizia.
Anche in Parlamento i deputati del partito conservatore Vmro-Dpmne, maggiore forza di opposizione, contestano i rappresentanti della maggioranza di governo, ostacolando i loro interventi con cori ostili e il suono di fischietti e vuvuzelas. Il premier Dimitar Kovacevski viene definito un "traditore" disposto a vendere il Paese, la sua identità, la sua storia e la sua lingua.
L'appello della von der Leyen - Ieri al parlamento macedone era intervenuta la presidente della commissione Ue Ursula von der Leyen, che aveva lanciato un appello a dire sì alla proposta francese, che non mette in alcun modo in pericolo l'autonomia e l'identità nazionale macedoni e che consente la rapida apertura del negoziato di adesione per Skopje.
Per l'adozione del documento è sufficiente la maggioranza semplice in parlamento, vale a dire 61 deputati sul totale di 120. Sulla carta i voti ci sono, ma vi è incertezza sulle numerose assenze legate al Covid e ad altri impedimenti.