Il "premier" Mario Draghi al Senato: «Le dimissioni una scelta sofferta ma dovuta. Serve una fiducia non di facciata»
ROMA - La decisione di rassegnare le dimissioni «è seguita al venir meno della maggioranza di unità nazionale che ha appoggiato questo governo sin dalla sua nascita». Così ha esordito questa mattina, di fronte al Senato della Repubblica, il "premier" italiano Mario Draghi presentando l'atteso discorso con cui, lo diciamo subito, ha aperto alla possibilità di proseguire con l'esperienza del suo esecutivo.
«Le comunicazioni di oggi mi permettono di spiegare le ragioni di una decisione tanto sofferta quanto dovuta», ha detto Draghi, rievocando quelle che sono state le tre emergenze cardinali a cui il suo governo è stato chiamato a rispondere: quella pandemica, quella economica e quella sociale. Per questo serviva «formare un governo di alto profilo, che non debba identificarsi con nessuna forza politica». E, ha ricordato, «tutti i principali partiti, con una sola eccezione, decisero di rispondere a quell'appello». Lo «spirito repubblicano» in veste di denominatore comune. «In questi mesi, l'unità nazionale è stata la miglior garanzia di questo esecutivo e della sua efficacia».
La garanzia dello «spirito repubblicano»
«Ritengo che un Presidente del Consiglio che non si è mai presentato davanti agli elettori debba avere il consenso più ampio possibile in Parlamento», ha proseguito l'ex Presidente della Bce. «A lungo le forze della maggioranza hanno saputo mettere da parte le divisioni e convergere verso interventi rapidi, con senso dello Stato, verso il bene di tutti i cittadini». Quindi i risultati conseguiti. «A oggi, tutti gli obiettivi dei primi due mesi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), sono stati raggiunti. Con il forte appoggio parlamentare della maggioranza, e dell'opposizione, abbiamo risposto all’invasione dell'Ucraina da parte della Russia».
E su questo fronte, «abbiamo mostrato come l'Italia debba avere un ruolo di guida all'interno della comunità europea e del G7», ha detto il "premier", applaudito dall'aula. «Allo stesso tempo non abbiamo mai cessato la nostra ricerca della pace. Siamo stati tra i primi ad impegnarsi per evitare la crisi alimentare», ha sottolineato Draghi, definendo «incoraggianti» gli ultimi sviluppi in Turchia. E ancora ha parlato dello sforzo per invertire la rotta sulle «scelte miopi» del passato sulla sicurezza energetica. L'accelerazione sul fronte delle rinnovabili. L'intervento per difendere cittadini e aziende dalla crisi energetica. «Lo abbiamo potuto fare grazie a una ritrovata credibilità collettiva», ha ribadito il Presidente del Consiglio.
«Il merito di questi risultati è stato vostro. Della vostra disponibilità, a mettere da parte le differenze per il bene del Paese. La vostra è stata la migliore risposta all'appello dello scorso febbraio del Presidente della Repubblica». Dalla campagna vaccinale, all'ospitalità dei profughi ucraini, fino al coinvolgimento delle comunità locali nell'ottica del Pnrr. «Gli italiani sono stati protagonisti di questo miracolo civile». E «mai come in questi momenti sono stato orgoglioso di essere italiano», ha detto Draghi, a lungo applaudito dai senatori.
Un «progressivo sfarinamento della maggioranza»
Poi, l'incrinatura. Sempre più ampia. Perché «l'Italia è forte quando sa essere unita» e «purtroppo, con il passare dei mesi a questa domanda di coesione, le forze politiche hanno opposto un forte distinguo». Si è verificato così «un progressivo sfarinamento della maggioranza. Il desiderio di andare avanti insieme si è progressivamente esaurito». E si è arrivati così ai fatti dello scorso 14 luglio. «Il voto di giovedì ha certificato la fine del patto che ha tenuto insieme questa maggioranza. Non votare la fiducia è un gesto politico chiaro. Non è possibile ignorarlo, perché vorrebbe dire ignorare il Parlamento. Non è possibile contenerlo, perché vuol dire che chiunque può ripeterlo. Non è possibile minimizzarlo, perché arriva dopo mesi di strappi e ultimatum». E poi l'apertura. «L'unica strada, se vogliamo ancora restare insieme, è ricostruire questo patto. Con coraggio, altruismo e credibilità. A chiederlo sono soprattutto gli italiani. La mobilitazione di questi giorni - e qui il tono della voce di Draghi si alza - è senza precedenti e impossibile da ignorare».
«Serve un nuovo patto. Siete pronti?»
«Questa domanda di stabilità impone a noi tutti di decidere se sia possibile ricostruire le condizioni con cui il governo può governare. L'Italia ha bisogno di un governo capace di muoversi con efficacia e tempestività». Al Paese «non serve una fiducia di facciata, che svanisce davanti a provvedimenti scomodi». Serve un patto che sia solido. E con questo, Draghi passa la palla alle Camere. «Siete pronti a ricostruire questo patto? Siete pronti?». La domanda, il "premier", la ripete più e più volte. «Siamo qui, in quest'aula oggi... Sono qui, in quest'aula oggi, perché e solo perché gli italiani lo hanno chiesto. Questa risposta a queste domande, non la dovete dare a me, ma la dovete dare a tutti gli italiani».