«Si dimostrerà adeguata al difficile compito»
ROMA - Due annunci in pochi minuti: l'ex premier italiano Silvio Berlusconi si ricandida al Senato e non mette veti sulla leader di Fratelli d'Italia (FdI) Giorgia Meloni per accedere alla presidenza del Consiglio dei ministri, convinto che «si dimostrerà adeguata al difficile compito», se il suo nome sarà il più votato e quindi quello indicato al capo dello Stato come premier.
Nel ruolo di "patriarca" della coalizione, il leader di Forza Italia (FI) smuove le acque nell'intento di rafforzare l'immagine di un centrodestra unito che si avvicina alle elezioni anticipate del 25 settembre in linea con la tabella di marcia, e più spedito degli avversari, ancora in alto mare.
Due punti fermi, quindi, si aggiungono al "carniere" pre-elettorale che nascondono però distanze non superate - sui programmi e sulle elezioni regionali, in primis quelle siciliane - e caselle ancora da riempire su candidature e collegi. In particolare, sul peso dei quattro "centristi" della squadra (Unione di Centro/Udc, Noi con l'Italia/NcI, Coraggio Italia/CI e Italia al Centro/Iac), al lavoro sul progetto di una lista unica - al rush finale, secondo più voci - e in cerca di un maggior numero di collegi su cui potrebbe aiutarli Fratelli d'Italia, cedendone alcuni.
Intanto, la nuova discesa in campo annunciata dal Cavaliere toglie il velo sul suo desiderio di rivalsa, mai sopito, dopo la "cacciata" dal Senato nove anni fa per via della cosiddetta legge Severino. «Penso che mi candiderò, così faremo tutti contenti, dopo aver ricevuto pressioni da tanti, anche fuori da Forza Italia», rivela l'ex premier a Radio anch'io.
Sciolta la riserva personale, Berlusconi non si mette di traverso sulla premiership da sempre contesa fra gli alleati. E fa un mezzo endorsement alla leader romana: «Noi abbiamo detto che chi ha più voti proporrà al capo dello Stato il nome del candidato premier, se sarà Giorgia, io sono sicuro che si dimostrerà adeguata al difficile compito».
Meloni tace e non ricambia la cortesia. Anzi, sul fronte siciliano alza i toni. Al ritiro annunciato dal governatore Nello Musumeci, per un suo bis da sempre caldeggiato da FdI, e al diritto di prelazione che FI continua a rivendicare lanciando il nome di Stefania Prestigiacomo, Meloni non ci sta. E su Twitter insiste: «In Sicilia il candidato migliore per noi rimane Nello Musumeci». Quindi attacca gli azzurri: «Non ci si può chiedere di sostenere un candidato che saliva sulla Sea watch con il Pd» (Partito democratico) riferendosi appunto alla ministra siciliana, senza citarla.
Ma ormai, complici gli ultimi sondaggi, per FdI il rivale diretto è il Pd di Enrico Letta. Con lui va in scena l'ennesimo battibecco, stavolta sulla posizione internazionale. «Meloni sta cercando di cambiare immagine, di incipriarsi, ma mi sembra una posizione molto delicata, se i punti di riferimento sono (il premier ungherese Viktor) Orban», gli contesta il segretario del Pd.
Lei tira dritto e ribadisce: «La posizione di FdI in politica estera è coerente ed estremamente chiara». E sembra inalberarsi: «Non accettiamo lezioni da chi si erge a paladino dell'atlantismo, ma poi stringe patti con la sinistra radicale nostalgica dell'Urss». Nelle stesse ore gira in linea il videomessaggio riservato alla stampa estera in cui - in inglese, francese e spagnolo - ribadisce la fedeltà all'atlantismo e rimarca la condanna del fascismo «senza ambiguità» fatta dalla destra italiana.
Polemiche a parte, la presidente di FdI va avanti con le sue idee, anche sul governo che verrà. E pur sostenendo un governo politico, in un'intervista al settimanale Panorama, apre a ministri tecnici: «Questo non ci impedirà di avvalerci, se necessario, di competenze che non vengono dalla politica di partito».
Al giornale parla anche di flat tax ma, sulle modalità, prende le distanze dal leader della Lega Matteo Salvini. Per il leghista, la tassa piatta resta al 15% e l'intento è di estenderla, con la stessa aliquota, ai lavoratori dipendenti e famiglie. Più prudente FdI: «Meglio iniziare ad applicarla sui redditi incrementali, cioè sull'aumento del reddito rispetto all'anno precedente», spiega Meloni e rinvia l'estensione a quando «si sarà innescato il meccanismo virtuoso».