Il leader del PSOE è stato rieletto primo ministro con 179 voti, tre più della maggioranza assoluta
MADRID - Pedro Sánchez ha ricevuto per la terza volta l'incarico di primo ministro spagnolo. Il voto del Parlamento è arrivato nel primo pomeriggio: 179 i voti favorevoli, tre più dei 176 necessari per la maggioranza assoluta. Rispettate le previsioni della vigilia, con 171 pareri contrari.
Giovedì alle 9 è ripreso il dibattito con gli ultimi interventi. Prima di entrare nel palazzo il leader del Partito popolare, Alberto Núñez Feijóo, ha ribadito la sua assoluta contrarietà alla nascita di questo governo. «L'investitura è stata concordata fuori dalla Spagna. Quindi ieri siamo venuti semplicemente a spiegare una liturgia che purtroppo a Waterloo era già chiusa» ha dichiarato, con riferimento alla località belga nella quale nel 2017 aveva trovato rifugio il presidente catalano Carles Puigdemont. «Chi governerà non sarà il presidente del governo spagnolo» ha aggiunto, riferendosi alla presunta ricattabilità di Sánchez a opera degli indipendentisti catalani, su temi come l'amnistia.
Nei vari interventi durante la discussione sono stati ripercorsi i motivi che hanno spinto le formazioni ad accordare o negare la fiducia a Sánchez. «Deve governare per le classi popolari e operaie, che sono quelle che hanno votato per lui» ha sottolineato il rappresentante di EH Bildu, la coalizione di movimenti dei Paesi Baschi. I banchi del partito di estrema destra Vox sono invece rimasti vuoti ma i suoi esponenti hanno partecipato al voto.
Sánchez ha risposto puntualmente alle richieste e alle obiezioni dei vari schieramenti, spiegando cosa potrà o non potrà soddisfare e auspicando un cambio di paradigma sul dibattito territoriale. La Costituzione «deve essere interpretata secondo lo spirito attuale dei tempi», approfondendo «la singolarità e l'identità» dei Paesi Baschi, ad esempio.