Macron al 20,7% e Gauche al 28,1%. L'estrema destra può così ottenere la maggioranza assoluta all'Assemble Nazionale.
Nonché la carica di premier per Jordan Bardella.
PARIGI - Una vittoria netta, Marine Le Pen e il suo RN dominano il primo turno delle legislative arrivando fra il 33 e il 34%. Lontana la maggioranza macroniana, fra il 20 e il 22%, mentre ha motivi di sperare la sinistra unita nel Nuovo Fronte Repubblicano, che arriva al 28-29%. Confermato il record di partecipazione degli elettori nel primo turno delle elezioni politiche francesi del 30 giugno e del 7 luglio: secondo diversi istituti di sondaggi, ha votato oggi almeno il 65% degli aventi diritto, una percentuale ben al di sopra del 47,51% delle elezioni politiche del 2022.
Verso la maggioranza assoluta - Stando alle prime proiezioni in seggi, l'estrema destra può, per la prima volta in Francia, ottenere la maggioranza assoluta all'Assemblea Nazionale e la carica di premier per il delfino di Le Pen, Jordan Bardella: i diversi istituti di sondaggio, nelle loro proiezioni in seggi, forniscono una forbice per i lepenisti fra 240 e 310 seggi, con la maggioranza assoluta fissata a 289.
Emmanuel Macron è stato il primo a prendere la parola: «Davanti al Rassemblement National, è arrivato il momento di un'ampia unione chiaramente democratica e repubblicana per il secondo turno». Jean-Luc Mélenchon, da sinistra, ha tuonato: «Neppure un voto andrà al RN, ovunque saremo terzi ritireremo il nostro candidato». Stessa linea assunta poi da Raphael Glucksmann, il leader di Place Publique tra i principali esponenti della coalizione 'Nuovo Fronte Popolare'.
«Cancelliamo il blocco macroniano» - La settimana si annuncia lunga e cruciale, le premesse - fin da questa sera - sono però contraddittorie sul fronte che dovrebbe fare sbarramento all'onda lepenista. «Abbiamo cominciato a cancellare il blocco macroniano»: queste le prime parole di Marine Le Pen nel suo feudo di Henin-Beaumont, nel nord del paese, che l'ha nuovamente eletta al primo turno. Fra i simpatizzanti che aspettavano la leader c'è stato un boato all'annuncio dei risultati.
La leader è uscita con un sorriso smagliante e ha pronunciato le prime parole fra le bandiere tricolori che sventolavano: «Questa di stasera è la prima tappa di una marcia verso l'alternanza politica per condurre le riforme di cui ha bisogno il Paese». Poi, la figlia del fondatore del partito, Jean-Marie, la leader che ha estromesso il padre dalle gerarchie del partito in una marcia di sdoganamento politico durata 20 anni, ha cominciato a proiettarsi verso il potere.
«Sarò il premier di tutti» - Quello del suo delfino, Jordan Bardella - che vede già alla guida del governo - e quello personale, con la corsa all'Eliseo del 2027: «La democrazia ha parlato - ha detto ancora - i francesi hanno testimoniato la loro volontà di voltare pagina dopo 7 anni di potere sprezzante e corrosivo». Il voto che vede il Rassemblement National in testa è «un segnale di fiducia che ci onora e ci impone dei doveri». Con una postura abilmente «istituzionale», Bardella non ha parlato davanti ai militanti, come Marine Le Pen, ma soltanto davanti a un gruppo di giornalisti, nel quartier generale parigino del partito: «L'esito del voto in Francia rappresenta un verdetto senza appello, un'aspirazione chiara dei francesi al cambiamento».
Per il candidato premier dell'estrema destra, «l'alternanza è a portata di mano», c'è una «speranza senza precedenti in tutto il Paese». «Sarò il primo ministro di tutti» ha aggiunto, sostenendo che il voto di domenica sarà uno «dei più determinanti di tutta la storia della Quinta Repubblica».
Situazione fluida - Se l'appello di Mélenchon è stato vibrante e senza ombre, la situazione di quello che dovrebbe essere l'argine all'ondata dell'estrema destra è molto fluida. «La nostra consegna è chiara, neppure un voto, neppure un seggio in più per il Rassemblement National», ha detto Mélenchon annunciando «il ritiro dei nostri candidati ovunque siamo arrivati stasera in terza posizione». Con l'indicazione, conseguente, di votare per l'avversario locale di RN, nella fattispecie la maggioranza macroniana.
Dalla quale però, dopo le parole del presidente che chiama «all'unione repubblicana», a fare blocco contro l'estrema destra, non sono arrivate indicazioni altrettanto chiare. Persino Edouard Philippe, uno dei leader della maggioranza, ha dato indicazioni decisamente contrastanti con quelle di Macron, invitando i suoi militanti «a fare desistenza per evitare l'elezione di candidati RN o LFI, La France Insoumise». Dal momento che LFI è il partito decisamente più forte della coalizione di sinistra, la diga della desistenza cederebbe ovunque ci saranno candidati della maggioranza che desistono ma i cui voti non andranno al Front Populaire se il candidato locale sarà di LFI.
Conscio dell'enorme posta in gioco e della percezione non positiva de La France Insoumise fra centristi e destra moderata, Glucksmann, che ha riportato il Partito socialista al terzo posto nelle Europee, ha lanciato il grido d'allarme: «abbiamo 7 giorni per evitare una catastrofe in Francia». I Républicains che non hanno seguito Eric Ciotti nel suo accordo con Marine Le Pen, e che hanno comunque ottenuto un considerevole 10% dei voti, hanno già annunciato, da parte loro, che non daranno consegne di voti ai loro elettori.