L'accordo è sostenuto da tutti i Paesi membri dell'Ocse, dell'Unione europea e del G20
«Consentirà ai Paesi di raccogliere 150 miliardi all'anno di introiti supplementari»
PARIGI - «Un accordo storico»: 136 Paesi sui 140 del Quadro Inclusivo Ocse/G20 hanno raggiunto un'intesa sulla cosiddetta minimum tax, che impone una tassazione minima del 15% sulle grandi multinazionali, a cominciare dai colossi del web. Un'intesa resa possibile, dopo anni di intensi negoziati, grazie all'adesione di Irlanda, Estonia e Ungheria, che per lungo tempo si erano opposte.
È un accordo che piace soprattutto all'Europa, che si è impegnata molto sul tema. «Accolgo con favore l'accordo odierno sulla riforma fiscale globale. Questo è un momento storico. È un importante passo avanti per rendere più equo il nostro sistema fiscale globale», ha commentato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.
«La Commissione europea ha sostenuto con forza questo sforzo internazionale. Vorrei ringraziare il commissario Paolo Gentiloni e i suoi servizi per il loro instancabile lavoro al riguardo», ha aggiunto la presidente europea. «Il multilateralismo è tornato», ha sottolineato Gentiloni che è stato tra i protagonisti di questo successo e non nasconde la sua contentezza sui social.
Plaude anche il vice presidente Ue Valdis Dombrovskis: «ottime notizie» per la tassazione globale. Il segretario generale dell'Ocse, Mathias Cormann, rende omaggio a quella che considera una «grande vittoria per un multilateralismo efficace ed equilibrato». «Si tratta di un accordo di grande portata - prosegue Cormann in un tweet - che garantisce che il nostro sistema fiscale internazionale si adatti ad un'economia globale digitale». «Adesso - conclude l'alto responsabile - dobbiamo lavorare con diligenza per garantire l'attuazione effettiva di questa riforma maggiore».
L'accordo permetterà di garantire l'applicazione di un tasso di imposizione minimo del 15% alle aziende multinazionali a partire dal 2023. Gli unici quattro Paesi che non hanno aderito sono Kenya, Nigeria, Pakistan e Sri Lanka. I restanti 136 che hanno detto 'si', tra cui l'Italia," rappresentano «oltre il 90% del Pil mondiale», precisa l'Ocse, aggiungendo che l'intesa consentirà «di riattribuire a Paesi del mondo intero i benefici per oltre 125 miliardi di dollari realizzati da 100 aziende multinazionali tra le più grandi e più redditizie al mondo». Obiettivo? Fare in modo «che queste società possano onorare la propria giusta parte fiscale qualunque siano le giurisdizioni in cui esercitano le loro attività e realizzano benefici».
Viene cosi' finalizzata l'intesa politica raggiunta a luglio dai membri del Quadro inclusivo, con l'obiettivo di riformare in profondità le regole fiscali del pianeta. Con il via libera di Dublino, Tallinn e Budapest, l'intesa viene ormai sostenuta da tutti i Paesi membri dell'Ocse, dell'Unione europea e del G20. Basato su due pilastri, l'accordo viene annunciato a pochi giorni dal G20 dei ministri delle Finanze previsto a Washington il 13 ottobre e soprattutto dal vertice del G20 di Roma di fine mese. L'accordo sulla minimum tax, precisa l'Ocse, non ha come obiettivo di «porre fine alla concorrenza fiscale» ma «di porre dei limiti convenuti multilateralmente. Consentirà ai Paesi di raccogliere circa 150 miliardi annuali di introiti supplementari».