Il colosso si è affidato a JPMorgan e Goldman Sachs per mettere un freno alla proposta da 43 miliardi di dollari
SAN FRANCISCO - Twitter approva una "poison pill" per difendersi dalla scalata di Elon Musk. Il consiglio di amministrazione ha approvato una misura che rende difficile per chiunque, incluso il patron di Tesla, salire a oltre il 15% della società che cinguetta.
Il via libera unanime arriva mentre il board è impegnato a valutare l'offerta da 43 miliardi del miliardario. Il social si è affidato a JPMorgan e Goldman Sachs per difendersi dall'offerta ostile del ricco imprenditore.
Un esame che avviene fra le "minacce" velate di Musk, che ha "ricordato" al board i suoi doveri fiduciari nei confronti degli azionisti e i rischi nei quali potrebbe incorrere nel caso in cui li violasse. Un avvertimento con cui entra a gamba tesa nell'acceso dibattito in corso sulla sua scalata alla società che cinguetta.
Mentre non si placano i dubbi sulla capacità di Musk - l'uomo più ricco del mondo - di finanziare l'operazione, sale la frustrazione fra i dipendenti di Twitter preoccupati dall'approccio del patron di Tesla. Il timore è che possa essere una distrazione e destabilizzare gli sforzi in atto nella battaglia quotidiana ai contenuti tossici che circolano sulla piattaforma. Senza contare la paura che possa rivoluzionare la cultura interna, ribaltando l'ambiente lavorativo flessibile in cui i dipendenti lavorano. Ipotesi questa possibile visti i modi bruschi e le continue provocazioni di Musk, contrario all'uso dei pronomi di genere e oggetto, con la sua Tesla, di diverse denunce per molestie sul lavoro.
Insomma un modello di uomo 'tradizionale' che si scontra con la cultura liberal della Silicon Valley. L'amministratore delegato Parag Agrawal ha cercato di rassicurare i dipendenti. Una persona da sola non può cambiare la cultura di una società: è l'azienda che fissa la sua strategia, ha detto spiegando come Twitter non è «ostaggio» dell'offerta.
E se i dipendenti di Twitter tremano, i repubblicani brindano a Musk il «liberatore dalla censura» dei liberal. La possibile ascesa del patron di Tesla è considerata una spallata ai liberal e alle piattaforme social, accusate da tempo di soffocare e censurare chi non la pensa come la Silicon Valley. Sostenitore della libertà di espressione senza se e senza ma, Musk è visto come il salvatore che potrebbe anche riportare Donald Trump su Twitter. «I timeout sono meglio dei divieti permanenti», ha detto Musk nelle ultime ore alimentando così le speranze di una riammissione dell'ex presidente su Twitter, dal quale è stato cacciato dopo l'assalto al Congresso del 6 gennaio.
La scalata del fondatore di Tesla agita invece gli esperti e gli osservatori. Se Musk dovesse spuntarla e rilevare Twitter diventerebbe il proprietario della seconda piattaforma più influente per la politica dopo Facebook. E questo concentrerebbe una straordinaria influenza nelle mani di due persone, il «plutocrate anticonformista» Musk e Mark Zuckerberg, lasciando di fatto a due degli uomini più ricchi del mondo la possibilità di influenzare l'opinione pubblica. Molti concordano con l'analisi di Musk sul fatto che Twitter gioca un ruolo chiave nel dibattito pubblico: il grande disaccordo è nella moderazione dei contenuti, letta da alcuni come censura e da altri come necessità per un confronto costruttivo. Dicendosi non preoccupato sulla redditività e sui parametri economici di Twitter, Musk nella sua offerta ha parlato del bisogno di «trasformare» la piattaforma in «bastione della libertà di espressione». Una trasformazione possibile solo fuori dai riflettori della borsa e dalle pressioni di inserzionisti e azionisti, secondo Musk. E proprio l'essere lontano da un esame attento e accurato espone, secondo gli esperti, la piattaforma ai maggiori rischi.
Twitter schiera la "difesa"
Twitter si affida a JPMorgan e Goldman Sachs per difendersi dall'offerta ostile di Elon Musk, secondo quanto riporta l'agenzia Bloomberg citando alcune fonti. Nell'affidarsi a JPMorgan Twitter sceglie una banca che già in passato si è scontrata con Musk. JPMorgan ha infatti avviato lo scorso anno avvia un'azione legale contro Tesla per 162 milioni di dollari in seguito ai tweet di Musk del 2018, nei quali affermava di voler effettuare il delisting del colosso delle auto elettriche.
Nella documentazione depositata in tribunale, JPMorgan ha spiegato che dei warrant venduti da Tesla avevano costretto la banca a rivedere e aggiustare le sua posizione dopo che Musk aveva twittato di essersi assicurato i fondi per il delisting di Tesla a 420 dollari per azione. Quando Tesla ha successivamente annunciato che avrebbe abbandonato l'operazione, il valore dei warrant è cambiato ulteriormente e JPMorgan è stata costretta a cambiare la sua posizione. Tesla aveva respinto le accuse puntato il dito contro la banca per aver cercato con la sua condotta solo di trarre «impropri benefici» sul prezzo delle azioni del colosso delle auto elettriche.