La popolazione della granseola artica ha subito un calo misterioso del 90%, con ripercussioni anche sui ristoranti
JUNEAU - La drastica diminuzione della popolazione dei granchi granseola (artica) nel Mare di Bering sta scatenando una serie di ripercussioni economiche che colpiscono sia il territorio locale che quello globale. Per la prima volta infatti le autorità dell'Alaska hanno emesso per la baia di Bristol un divieto di pesca per le granseole non solo in autunno, ma anche in inverno.
«Questi sono tempi senza precedenti e preoccupanti per la storica pesca del granchio in Alaska e per gli operosi pescatori e le comunità che da essi dipendono» ha dichiarato Jamie Goen, il direttore esecutivo dell'associazione di categoria Alaska Bering Sea Crabbers.
I motivi del rigido calo del numero di esemplari della specie sono ancora poco chiari, anche se sono state avanzate più ipotesi. Per alcuni il principale motivo risiederebbe nella pesca intensiva del prelibato crostaceo, ma in molti concordano anche sull'impatto del cambiamento climatico.
Drastico calo - Secondo gli esperti dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente degli Stati Uniti (EPA) invece le cause sarebbero da ricercare nell'aumento della temperatura dell'acqua, che avrebbe spinto le granseole a spostarsi dalle coste, così come hanno già fatto alcune altre specie a partire dagli anni '80.
Il numero di esemplari è diminuito drasticamente negli ultimi anni. Nel 2019, in seguito ad un marcato riscaldamento delle acque, il raccolto di granseole ha raggiunto le 2'500 tonnellate, il dato più basso degli ultimi 40 anni, ricorda il Guardian.
Tra il 2018 e il 2019 gli studiosi avevano individuato un gran numero di giovani granchi, fatto che faceva presagire una buona pesca negli anni successivi. Molti pescatori hanno quindi deciso di investire in barche, attrezzature, e diritti di pesca per la raccolta dei granchi nel Mare di Bering. Ma dei crostacei nemmeno l'ombra, se non qualche gruppo rimasto nella zona, destinati però solamente ai pescatori non commerciali. Nonostante gli indizi inizialmente confortanti, gli studiosi hanno scoperto che ben il 90% delle granseole era scomparso da quel tratto di mare, riporta il Washington Post.
Ristoranti e clienti in crisi - Le granseole artiche arrivano a pesare tra 1 e 2 chili, e sono i granchi più pescati in Alaska. In anni di raccolta "normale" il granchio viene scambiato per circa 50 dollari al chilo. Sia i granchi reali che le granseole sono molto apprezzati dai clienti dei ristoranti degli Stati Uniti, e non solo, tant'è che in alcuni locali possono arrivare a costare fino a 200 dollari per 700 grammi di prodotto.
Ora alcuni ristoranti hanno dovuto modificare la propria offerta culinaria, anche perché rivolgersi ad altri importatori risulta molto difficile da quando gli Stati Uniti hanno vietato l'importazione dei prodotti ittici provenienti dalla Russia in risposta all'invasione dell'Ucraina. Alcuni si sono rivolti alla Norvegia, un mercato però difficilmente raggiungibile dai piccoli ristoratori.
Interi paesi in ginocchio - La drastica diminuzione del numero di granchi presenti nei fondali di fronte all'Alaska non ha soltanto ripercussioni sui ristoranti, ma anche e soprattutto sulle comunità locali che basano la propria sopravvivenza sulla raccolta di queste specie. Niente granchi significa niente entrate per un'industria che basa la propria sopravvivenza proprio sui crostacei.
E a soffrire sono anche le comunità lontane dalla costa. Una parte del raccolto annuale proveniente dalla pesca di alcune specie viene infatti assegnata a 65 comunità che fanno parte di uno speciale programma. Lo scopo di questi fondi è di aiutare le piccole realtà che soffrono l'isolamento geografico e il mancato accesso alle fonti di reddito. Ma se i granchi non vengono pescati, non ci sono fondi per aiutare le comunità.
Pensare di spostare i pescherecci più a nord, in cerca dei granchi, al momento non sembra una soluzione praticabile, viste le condizioni del mare che rendono difficoltosi gli interventi in caso di emergenze.