È quello che dice l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE)
PARIGI - «Gli sviluppi economici globali hanno iniziato a migliorare, ma la ripresa rimane fragile». È quanto si legge nell'"Economic Outlook" dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) secondo cui «la crescita del Pil globale dovrebbe ridursi dal 3,3% del 2022 al 2,7% nel 2023, prima di raggiungere un ancora modesto 2,9% nel 2024».
Come afferma la capo economista Clare Lombardelli, «l'economia globale sta girando un angolo, ma deve affrontare una strada lunga e tortuosa per raggiungere una crescita forte e sostenibile». Le prospettive restano ancora «significativamente incerte» e tra i motivi di maggior preoccupazione sono da evidenziare l'inflazione e la guerra in Ucraina.
«Prezzi dell'energia più bassi stanno contribuendo a ridurre l'inflazione complessiva e ad allentare le tensioni sui bilanci delle famiglie, la fiducia delle imprese e dei consumatori sta risalendo e la riapertura completa della Cina prima del previsto ha fornito una spinta all'attività globale» si legge nel rapporto dell'OCSE.
Che osserva però come «allo stesso tempo, l'inflazione core si sta dimostrando persistente, riflettendo profitti più elevati in alcuni settori e pressioni sui costi ancora alte in mercati del lavoro resilienti. L'impatto di tassi di interesse più elevati in tutto il mondo si avverte sempre di più, in particolare nel settore immobiliare e sui mercati finanziari. Segnali di stress hanno iniziato ad apparire in alcuni segmenti del mercato finanziario mentre gli investitori rivalutano i rischi e le condizioni del credito si stanno inasprendo».
Secondo l'organizzazione parigina, inoltre, «i pieni effetti dell'inasprimento delle politiche monetarie si vedranno solo entro la fine dell'anno o nella prima parte del 2024».
Quanto all'inflazione, nelle economie del G20 è previsto un calo dal 7,8% nel 2022 al 6,1% nel 2023 e al 4,7% nel 2024, aiutato dal calo dei prezzi dell'energia e degli alimentari.
Per quello che riguarda le prospettive per il futuro, l'OCSE osserva che «permane una significativa incertezza e i maggiori rischi per le proiezioni sono al ribasso». In particolare, «una preoccupazione fondamentale è che l'inflazione potrebbe continuare a essere più persistente del previsto. Potrebbe quindi essere necessario un significativo ulteriore inasprimento della politica monetaria» per contenere i prezzi, aumentando il rischio di stress nel sistema finanziario e minando la stabilità finanziaria.
L'organizzazione internazionale addita poi come altro importante rischio al ribasso per le prospettive economiche «il corso incerto della guerra di aggressione della Russia contro l'Ucraina». Crisi geopolitica che potrebbe provocare nuove perturbazioni nei mercati energetici e alimentari globali.
Guardando invece alle possibili prospettive favorevoli, l'OCSE indica la ridotta incertezza da una fine anticipata della guerra, le condizioni finanziarie più facili del previsto, una crescita della forza lavoro più robusta e un maggiore utilizzo del risparmio accumulato da parte di famiglie e imprese: tutti fattori che migliorerebbero la crescita e le prospettive di investimento.
Sfide difficili - Sempre secondo gli esperti dell'OCSE, la necessità di abbassare in modo duraturo l'inflazione, adeguare il sostegno della politica fiscale e rilanciare una crescita sostenibile «crea sfide difficili» per i responsabili dei governi e delle banche centrali dei paesi dell'OCSE.
«I responsabili politici devono agire con decisione sulla politica macroeconomica e strutturale per ottenere una crescita più forte e sostenibile», afferma la Lombardelli. Un'impresa «difficile», spiega, anche perché «l'inflazione core rimane troppo persistente, i livelli del debito sono troppo alti e la produzione potenziale è troppo bassa».
Dal lato della politica monetaria, invece, i banchieri centrali «devono percorrere una strada difficile». Sebbene infatti il carovita stia diminuendo grazie a prezzi dell'energia più bassi, «l'inflazione core rimane ostinatamente elevata, più di quanto previsto in precedenza».
E proprio per questo «le banche devono mantenere politiche monetarie restrittive fino a quando non ci saranno chiari segnali che le pressioni inflazionistiche si stanno attenuando». E, addirittura, «alcune economie alle prese con un'inflazione di fondo ostinatamente elevata potrebbero richiedere ulteriori aumenti dei tassi di interesse».
Ma le banche centrali devono comunque rimanere vigili, e in caso di ulteriore stress sui mercati finanziari conseguenti all'innalzamento dei tassi, «dovrebbero impiegare strumenti di policy per aumentare la liquidità e minimizzare i rischi di contagio». In tutto ciò sarà comunque fondamentale «una comunicazione chiara per evitare confusione sul potenziale conflitto tra il perseguimento della stabilità dei prezzi e la stabilità finanziaria».
Per quello che riguarda invece il ruolo dei responsabili delle politiche fiscali, secondo la Lombardella «le scelte sono più chiare ma non più facili da attuare». La politica di bilancio ha svolto infatti un ruolo fondamentale nel sostenere l'economia globale attraverso gli shock della pandemia e della guerra in Ucraina. Ma ora la maggior parte dei paesi è alle prese con deficit e debito più elevati.
«Man mano che la ripresa prende piede - suggerisce quindi - il sostegno dovrebbe essere ridotto e meglio mirato». E le risorse limitate «dovrebbero essere indirizzate solo a coloro che ne hanno veramente bisogno e a investimenti ad alta priorità per il miglioramento della produttività, compresi quelli che guidano la transizione verde e migliorano offerta di lavoro e competenze».