Uno shock sul prezzo del petrolio - ma anche del gas - potrebbe nuovamente tradursi in inflazione e recessione.
LUGANO - Guerra ed economia, connessione scomoda ma con la quale fare i conti.
Sì, perché se oggi appare difficile parlare di business, avendo negli occhi le immagini di morte che arrivano da Israele e dalla Striscia di Gaza, domani l'onda delle conseguenze del conflitto in Medio Oriente potrebbe toccarci da vicino, soprattutto in bolletta. In un film già visto, dopo quanto accaduto in Ucraina.
L'equazione è presto fatta: petrolio, costi (quindi prezzi) e infine politica monetaria, con la sempre discutibile gestione dei tassi di interesse.
L'incognita Iran, gigante petrolifero
In tutto questo, un ruolo decisivo potrebbe giocarlo l'Iran, per ora solo indirettamente parte in causa ma che potrebbe essere coinvolto dalla risposta israeliana.
Teheran fa infatti parte dell'Opec* e nel 2023 si è consolidata tra i primi dieci produttori di petrolio al mondo, con 3,3 milioni di barili al giorno.
E il numero uno della compagnia petrolifera di Stato aveva precedentemente dichiarato di voler aumentare la produzione a 3,5 milioni di barili al giorno. Ma non è tutto, perché Teheran è terzo al mondo in quanto a riserve petrolifere (208,6 miliardi di barili) e, in barba alle sanzioni Usa, sorride anche nell'export, dato che ne invia la quasi totalità in Cina.
Come detto quindi, se oltre che verso Hamas la reazione di Israele si estendesse all'Iran, allora lo shock sul greggio e dunque il conseguente rialzo di prezzi e tassi di interesse, sarebbe tale da provocare quanto meno un brusco rallentamento dell'economia occidentale.
Peraltro già interessata dai tagli alla produzione dettati dall' l'Opec+, che a Giugno ha raggiunto un accordo per estenderli anche alla produzione 2024.
I due "vincitori": il principe saudita Mohammed bin Salman e lo zar, Vladimir Putin.
Ma a trarre beneficio da tutto questo - come scrive oggi Il Corriere della Sera - sono il principe saudita Mohammed bin Salman e lo zar, Vladimir Putin.
Il primo con l'obiettivo di finanziare un piano di diversificazione dell'economia di Riad. Il secondo ne gode politicamente: un aumento dei prezzi negli Usa causerebbe scontento tra gli elettori Usa nei confronti di Biden, proprio in vista delle elezioni presidenziali del prossimo anno
Per ora l'obiettivo dei due sembra centrato, visto che oggi Goldman Sachs ha previsto che il brent salirà «dagli 85 dollari al barile di venerdì ai 100 dollari, entro giugno 2024». E già questa mattina le quotazioni del Wti sono salite del 3,8% a 86 dollari al barile, mentre quelle del Brent si attestano a 87,6 dollari (+3,6%).
Non solo petrolio.
Sul tavolo non c'è solo un aumento dell'oro nero. Durante le contrattazioni odierne il gas si apprezzava del 10%, fino a 42 euro al megawattora.
Effetto guerra e conseguente incertezza, che genera una corsa all'acquisto dei gestori europei.
*I 14 Paesi fondatori dell'Opec (gruppo di paesi produttori di petrolio) sono: Algeria, Angola, Congo, Guinea Equatoriale, Gabon, Iran, Iraq, Kuwait, Libia, Nigeria, Arabia Saudita, Ecuador, Emirati Arabi Uniti e Venezuela. Dal 2016 c'è stata l'estensione ad altri 10 Paesi (Russia, Messico, Kazakistan, Azerbaijan, Bahrein, Brunei, Malesia, Oman, Sudan, Sudan del Sud) che hanno dato vita all'Opec+