Lo sostiene uno studio che ha coinvolto diverse aziende in Portogallo che, dopo il cambiamento, sono addirittura risultate più produttive.
LISBONA - È risultato globalmente positivo l'esperimento di settimana lavorativa di quattro giorni che diverse aziende, in Portogallo, hanno realizzato tra giugno e novembre del 2023 e i cui risultati sono stati pubblicati oggi dall'Istituto per l'impiego e la formazione professionale (Iefp), l'ente del Ministero del Lavoro che lo ha patrocinato.
Delle 21 aziende che hanno partecipato al progetto pilota, solo quattro hanno deciso di tornare alla regolare settimana di cinque giorni. Il 75% dei dirigenti ha valutato il test come neutro dal punto di vista finanziario, quindi senza perdite né per l'azienda né per il lavoratore, a fronte di una significativa riduzione dell'orario di lavoro, mentre una notevole percentuale (oltre il 70%) di aziende ha addirittura visto aumentare i propri profitti in media del 12%.
L'aumento, fa notare il rapporto dell'Iefp, non può essere direttamente motivato dal nuovo assetto lavorativo, ma prova che quest'ultimo non ostacola una migliore performance dell'azienda.
Tra le imprese coinvolte c'erano un asilo nido, un centro sociale, un centro di ricerca, una banca di cellule staminali e diverse società di consulenza e di servizi, per un totale di circa un migliaio di lavoratori. In media hanno realizzato la diminuzione delle ore lavorative grazie a diverse modifiche sul piano organizzativo: dallo snellimento del monte orario dedicato alle riunioni fino all'adozione di nuovi software.
La maggior parte dei lavoratori coinvolti ritiene che la riduzione dell'orario di lavoro, in media del 12% (a 36,5 ore settimanali), valga il 28% del loro stipendio. Quelli che hanno tratto maggior beneficio sono i lavoratori con qualifiche più basse, stipendi inferiori a 1100 euro mensili e orari meno flessibili, con una percentuale che raggiunge il 36,7% del loro stipendio.
E tra questi, si dichiarano particolarmente soddisfatte le lavoratrici. Il numero di persone che lamentava una difficile conciliazione tra lavoro e famiglia è sceso dal 46% al 17%.