«La crisi dimostra che le catene del valore brevi e non globalizzate hanno i loro vantaggi» spiega il direttore dell'USC
BERNA - La crisi legata al coronavirus rivela quanto sia importante un elevato grado di autonomia alimentare del paese. Lo sostiene il direttore dell'Unione svizzera dei contadini (USC), Martin Rufer, in un'intervista pubblicata oggi dalle testate del gruppo CH Media.
«Un certo grado di autosufficienza è importante. Finora abbiamo un tasso di autosufficienza di quasi il 60%. Il nostro obiettivo è quello di mantenere questo livello», ha detto Rufer. Invece il Consiglio federale, con la nuova politica agricola, ridurrebbe la soglia al 52%. «Questo non è accettabile per noi», ha sottolineato.
«La crisi del coronavirus dimostra che le catene del valore brevi e non globalizzate hanno i loro vantaggi. La produzione regionale con distanze più brevi (tra produttore e consumatore) è più affidabile e robusta; quella globalizzata è più vulnerabile», ha sostenuto.
Per poter mantenere un livello di prezzi adeguato, la Svizzera ha bisogno di un certo grado di protezione alle frontiere. Secondo Rufer, molti alimenti vengono prodotti all'estero sottocosto e venduti sui mercati internazionali a prezzi di dumping. «È importante che in futuro, oltre ai dazi doganali, anche gli standard di qualità e i criteri di sostenibilità acquisiscano importanza per le importazioni».
Rufer, 43 anni, ha assunto l'incarico di direttore dell'USC il primo aprile, succedendo a Jacques Bourgeois, consigliere nazionale (PLR/FR). Cresciuto in una famiglia di agricoltori, dal 2008 era capo del Dipartimento produzione, mercati ed ecologia dell'USC. È granconsigliere liberale radicale a Soletta.