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SVIZZERAVino svizzero: nel 2020 bene a casa, male fuori

09.07.21 - 16:49
La pandemia ha esacerbato una crisi «di natura strutturale» nel settore
Depositphotos (nikuwka)
Per i vini svizzeri l'annata 2020 è stata contrastata.
Per i vini svizzeri l'annata 2020 è stata contrastata.
Vino svizzero: nel 2020 bene a casa, male fuori
La pandemia ha esacerbato una crisi «di natura strutturale» nel settore

BERNA - Per i vini svizzeri l'annata 2020 è stata contrastata. Durante la pandemia, il consumo privato di vino indigeno è risultato in crescita, ma i ristoratori e gli albergatori non sono stati in grado di effettuare ordini sufficienti per compensare i mancati guadagni della primavera.

L'Ecole hôtelière di Losanna e la Haute école de viticulture et œnologie di Changins (VD) hanno pubblicato oggi il loro studio avviato nel 2020 sull'impatto del Covid-19 sui vini svizzeri. Dal documento emerge che al di là della pandemia il settore è confrontato con una crisi strutturale.

Sale il consumo privato - Dal bilancio risulta che i privati cittadini hanno consumato e acquistato più vino. Alcuni viticoltori in Svizzera parlano di una forte crescita e di una solidarietà generalizzata durante l'estate 2020. Non si può però dire la stessa cosa per i rivenditori, soprattutto nel settore alberghiero. Inoltre, le vendite di vino nel settore degli eventi sono crollate.

L'importanza di siti e pubblicità - Insomma i produttori che se la sono cavata meglio sono quelli che beneficiano di una vasta clientela privata e sono capaci di raggiungerla efficacemente. Diversi viticoltori sottolineano l'importanza di avere un sito web conviviale. La pubblicità tramite la posta e la presenza sui social network sembrano pure aver contribuito a mantenere i legami con i clienti, stando allo studio.

I produttori di vino hanno potuto beneficiare di azioni locali o regionali (DireQt, WelQome, Kariyon) che hanno funzionato bene e di altre iniziative locali molto efficaci. Tali offerte sono state una ghiotta opportunità per riavvicinarsi ai consumatori.

Differenze importanti - I "viticoltori indipendenti" hanno generalmente sopportato meglio la crisi. Per taluni, addirittura, il 2020 si annuncia come «la migliore annata mai vista». I "grandi produttori" hanno a loro volta limitato i danni, grazie ad azioni di comunicazione e marketing e alla riduzione dei loro margini.

I "viticoltori intermedi", che commercializzano soltanto una parte limitata della loro produzione, sono stati confrontati con una clientela meno accessibile, una domanda fiacca di uva e mosto e una pressione sui prezzi. La situazione dei "micro-viticoltori", già difficile prima della crisi, è peggiorata. I problemi in questo caso sono di ordine strutturale e si caratterizzano in particolare da una forte dipendenza con un numero limitato d'intermediari.

Crisi strutturale - La pandemia ha esacerbato gli squilibri già esistenti nel settore. «La crisi è di natura strutturale: la viticoltura svizzera deve far fronte a diversi problemi che sono cresciuti negli ultimi anni», sottolinea lo studio.

I produttori sono in particolare confrontati con la complessità del mercato svizzero, dove «tutto è frammentato e soggetto al regionalismo» e in cui una soluzione unica non esiste, di fronte a bisogni e opinioni molto variegate. Il settore manca di un sostegno e di una "governance" sufficientemente forte a livello nazionale, mentre il ramo è molto dipendente dai rischi economici e climatici.

I costi di produzione restano peraltro molto elevati in Svizzera. È impossibile produrre vini di fascia bassa a prezzi paragonabili a quelli dei Paesi vicini.

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