ZURIGO - Primo trimestre dell'esercizio 2022/23 in chiaroscuro per Barry Callebaut, società numero uno al mondo nella produzione di cioccolato: nel periodo settembre-novembre le vendite in termini di volume sono infatti scese (su base annua) del 5% a 579'000 tonnellate, a fronte di una crescita del fatturato del 4% a 2,1 miliardi di franchi (+7% in valute locali).
La progressione dei ricavi si spiega con il contesto inflazionistico, favorito in particolare dall'aumento dei prezzi delle materie prime, spiega l'azienda in un comunicato odierno. Sulla contrazione a livello di volumi pesa invece fra l'altro l'effetto base: nel corrispondente periodo dell'esercizio precedente lo smercio di prodotti aveva subito un boom sulla scia della ripresa post-pandemia.
I dati sono comunque un po' peggiori delle attese degli analisti, che scommettevano su una contrazione del 3% dei volumi e su un giro d'affari lievemente superiore. Al capitolo previsioni, i vertici puntano a medio termine su una crescita annua dei volumi del 4-6% e del risultato operativo Ebit dell'8-10%.
Vi è quindi ora attesa per la reazione della borsa alle novità odierne. Dall'inizio dell'anno il titolo Barry Callebaut ha guadagnato il 3%. Sull'arco delle 52 settimane la performance dell'azione è invece negativa, pari al -15%.
Barry Callebaut è nata nel 1996 dalla fusione fra la società belga Callebaut e l'impresa francese Cacao Barry, ma si dice figlia di una tradizione che ha più di 175 anni. Dal 1998 è quotata alla borsa svizzera. Oggi dispone di oltre 65 stabilimenti in decine di paesi e impiega più di 13'000 persone. L'azienda rifornisce l'intero settore alimentare, dai produttori globali e locali agli artigiani e professionisti quali cioccolatieri, pasticceri, fornai, hotel, ristoranti o ditte di catering.
Barry Callebaut è cioè una tipica azienda B2B (business-to-business, cioè un fornitore di altre imprese, non direttamente dei consumatori).