Il Ceo Ulrich Körner rassicura gli azionisti, spiegando perché la grande banca non corre rischi connessi al fallimento di SVB.
FRANCOFORTE - Credit Suisse non corre rischi per il crollo della banca americana Silicon Valley Bank (SVB). Ad affermarlo, in una conferenza stampa organizzata da Morgan Stanley, è il Ceo Ulrich Körner: «La nostra esposizione creditizia nei confronti di SVB - dice Ulrich Körner - non è rilevante».
In quanto istituto d'importanza sistemica, continua il Ceo, Cs segue «standard sostanzialmente diversi» in termini di solidità patrimoniale, finanziamento e liquidità. «L'altro aspetto è che il volume dei nostri titoli a reddito fisso a termine come parte del nostro portafoglio di attivi liquidi di alta qualità non è assolutamente rilevante», ha aggiunto. Inoltre «l'esposizione ai tassi d'interesse è completamente coperta», ha concluso Körner.
I deflussi continuano, le prospettive- Dunque, se non quelli legati direttamente a SVB, i problemi per Credit Suisse sarebbero altri, visto che la grande banca continua a lottare contro l'emorragia di denaro dei clienti. Sebbene i deflussi si siano stabilizzati a livelli molto più bassi di prima, al momento della pubblicazione della relazione annuale la tendenza non era infatti ancora invertita.
Le prospettive non appaio rosee, perché i clienti continuano a portare via denaro. In prospettiva, la minore base di attivi in gestione potrebbe portare a una riduzione dei ricavi, mette in guardia la dirigenza. La mancata inversione dei deflussi potrebbe avere un impatto negativo sui futuri risultati commerciali e sulle condizioni finanziarie. Nel quarto trimestre del 2022 la grande banca ha registrato la partenza (netta) di 110 miliardi; nell'intero esercizio finanziario passato, i clienti hanno ritirato 123 miliardi di franchi.
I top manager, compensi e bonus - Intanto la pioggia di milioni per i top manager si è fatta un po' meno intensa: i membri della direzione della banca hanno ricevuto 32,2 milioni di franchi per il 2022, contro i 38,1 milioni dei dodici mesi precedenti. È quanto emerge dal rapporto d'esercizio pubblicato oggi, con un ritardo di alcuni giorni rispetto alla data inizialmente prevista (9 marzo), a causa di un intervento della Sec, l'autorità americana di vigilanza dei mercati finanziari.
Il Ceo Ulrich Körner - in carica da agosto e in precedenza responsabile della divisione Asset Management - ha ricevuto 2,5 milioni. La banca aveva già annunciato un mese fa, in occasione della presentazione dei dati annuali, che la direzione avrebbe rinunciato del tutto ai bonus a causa della massiccia perdita annuale. Tuttavia i dirigenti riceveranno un «premio di trasformazione una tantum basato su azioni differite» per un massimo di 30,1 milioni: l'importo dipenderà dalla performance dell'istituto nel periodo 2023-2025.
La retribuzione totale del consiglio di amministrazione tra le assemblee del 2022 e del 2023 è stata di 10,4 milioni di franchi, rispetto agli 11,7 milioni dei 12 mesi prima. Il presidente Axel Lehmann ha incassato 3,2 milioni, ma potevano essere di più: il 64enne ha infatti proposto all'organo di sorveglianza di non percepire il suo onorario di presidenza di 1,5 milioni di franchi, visti i deboli risultati finanziari del 2022, e il Cda ha accettato, si legge nel rapporto annuale. Per il periodo compreso tra le assemblee del 2023 e del 2024 i membri dell'organo di conduzione strategica saranno remunerati con un massimo di 13,0 milioni.
Tra ristrutturazione e corso delle azioni - Come noto l'istituto è impegnato in una profonda ristrutturazione, dopo le disavventure occorse negli ultimi anni. Nel 2022 la banca ha subito una maxi-perdita di 7,3 miliardi di franchi, che segue il rosso di 1,6 miliardi dell'anno prima.
Il corso dell'azione in borsa riflette la difficile situazione: sulla scia delle turbolenze globali dovute al fallimento dell'istituto americano Silicon Valley Bank (SVB) ieri in giornata il titolo CS ha segnato un nuovo minimo storico a 2,12 franchi, per poi chiudere a 2,26 franchi, e anche oggi il valore appare sotto pressione: perde un ulteriore 4% rispetto alla chiusura di ieri e viene scambiato a 2,16 franchi. Dall'inizio dell'anno ha perso il 18%, mentre sull'arco di un anno la contrazione è del 68%. La capitalizzazione è scesa a poco più di 8 miliardi, a fronte dei 55 miliardi di UBS.
Allargando lo sguardo in prospettiva storica, va detto che l'azione aveva raggiunto un massimo di 96,50 franchi nell'agosto del 2000. Era poi seguita una sensibile contrazione sino a 19,10 franchi nel 2003, poi un nuovo balzo a 96,00 franchi nel 2007, immediatamente prima della crisi finanziaria. Da allora il titolo ha presentato una tendenza pressoché costante al calo. Nel 2015 il corso massimo ha sfiorato i 29 franchi; poi 18 franchi nel 2018, 14 nel 2020 e 13 nel 2021. Nel 2022 il massimo è stato di 9,12 franchi, osservato il 14 gennaio.
Qualche nota storica e gli attuali azionisti di maggioranza - Credit Suisse - l'attuale ragione sociale del gruppo risale al 1997 - è stato a lungo un simbolo della Svizzera moderna: la banca venne infatti fondata nel 1856 a Zurigo quale Schweizerische Kreditanstalt (Credito Svizzero, CS) da Alfred Escher (1819-1882), l'imprenditore che come noto ebbe un ruolo di primissimo piano anche nella costituzione di altri pilastri epocali elvetici quali il Politecnico federale e la ferrovia del San Gottardo.
Oggi è in pratica in mani straniere e - dopo che si è sganciato un azionista storico come la società d'investimento americana Harris Associates - in larga misura medio-orientali: l'azionista principale è infatti diventata Saudi National Bank, la principale banca saudita, mentre al secondo posto si trova Qatar Investment Authority, il fondo sovrano qatariota.