Prevale la prudenza tra gli esperti del settore, l'allarme non è ancora rientrato.
ZURIGO - L'inflazione è diminuita ulteriormente in Svizzera e per la prima volta da gennaio 2022 è sotto il 2% (precisamente all'1,7% in giugno, contro il 2,2% di maggio), ma stando agli esperti non è il caso di abbassare la guardia, pensando troppo prematuramente che il problema sia ormai alle spalle.
La ragione principale del forte calo è infatti da ricercare nella diminuzione del prezzo del petrolio. «Mentre l'anno scorso in giugno il costo del greggio si trovava a un livello molto alto, quest'anno è significativamente più basso», afferma l'economista di UBS Alessandro Bee. A suo avviso questo effetto pesa per 0,5 punti percentuali.
Le altre cause sono da ricercare nell'allentamento delle strozzature dell'offerta, che ha portato ad esempio a una riduzione dei prezzi delle autovetture, e nella forza del franco. Si è d'altro canto assistito a chiari aumenti per alcuni prodotti alimentari, per i pasti al ristorante e per le sistemazioni alberghiere.
I rincari dei servizi, che indicherebbero una spirale salari-prezzi, sono invece ridotti, sottolinea Karsten Junius della Banca Safra Sarasin. Ciò ha fatto sì che la Svizzera sia la prima area valutaria in cui sia il tasso d'inflazione complessivo che il tasso d'inflazione di fondo (1,8%) sono tornati sotto l'obiettivo fissato dalle banche centrali, cioè inferiore al 2%.
«Il tasso di inflazione ha terminato la sua escursione verso l'alto», afferma Thomas Gitzel di VP Bank. E in un commento dall'istituto Bantleon si legge: «Visto da questa prospettiva, si potrebbe decretare il cessato allarme». Tuttavia l'analista competente pone l'accento proprio sulla parola «potrebbe»: a suo avviso il problema dell'inflazione non è superato. Ciò è dovuto non da ultimo dall'operato della stessa Banca nazionale svizzera (BNS), che in realtà vuole combattere l'inflazione: a causa dell'aumento del tasso guida gli affitti saliranno a partire da ottobre, il che provocherà una sensibile crescita dell'inflazione. Inoltre il ritocco dei tassi porta anche ad accordi salariali persistentemente elevati, che alimentano anch'essi la pressione sui prezzi.
Pure altri economisti criticano l'istituto centrale. Secondo l'esperto di Raiffeisen Alexander Koch, «in realtà non c'è più alcun motivo per cui la BNS sia così preoccupata del rischio di effetti di secondo o addirittura terzo livello sui prezzi». La maggior parte degli esperti ritiene tuttavia che la BNS continuerà a rendere più caro il costo del denaro: lo dimostrerebbe la scelta delle parole usate dall'entità guidata da Thomas Jordan dopo l'ultima valutazione della situazione economica e monetaria, avvenuta dieci giorni or sono.