È quanto chiede una petizione corredata da 60mila firme
BERNA - La Banca nazionale svizzera (BNS) deve rinunciare a investire in aziende attive nella fratturazione idraulica (fracking), un metodo ritenuto ultra-inquinante di estrazione di petrolio e gas: è quanto chiede una petizione corredata da 60'000 firme consegnata oggi dall'Alleanza clima svizzera alla sede zurighese dell'istituto.
Stando a un rapporto citato dall'organizzazione, la BNS ha titoli in 69 società attive nel comparto in questione, per un valore totale dell'investimento pari a 9 miliardi di dollari (cioè 8 miliardi di franchi), su un portafoglio complessivo di investimenti in divise di 850 miliardi di dollari, di cui il 25% in azioni (dati fine 2022). Attraverso questa quota l'entità guidata da Thomas Jordan viene così ritenuta responsabile di emissioni di gas serra dovute al fracking pari a circa 7 milioni di tonnellate di CO2, cioè quanto è addebitato all'agricoltura svizzera nel suo complesso.
Secondo Peter Haberstich, esperto di Greenpeace, che fa capo all'Alleanza clima, se la BNS vendesse le sue quote nelle società e lo comunicasse apertamente invierebbe un segnale molto forte ai mercati. «Questo aumenterebbe il rischio finanziario per tutti coloro che fanno affidamento sul fracking». In determinate circostanze ciò potrebbe anche portare a un aumento dei costi di capitale, come i tassi di interesse, e quindi a una crescita dei prezzi del gas prodotto.
Non dello stesso avviso è però Reto Föllmi, professore di economia dell'Università di San Gallo. Certo una rapida vendita dei titoli eserciterebbe una pressione al ribasso sui corsi delle azioni delle società che ricorrono alla fratturazione idraulica. «Ma finché ci saranno operatori in tutto il mondo che vorranno investire in tali imprese difficilmente i costi di finanziamento cambieranno». Gli investitori sfrutterebbero le opportunità di acquisto che si presentano a causa dei prezzi temporaneamente più bassi delle azioni. «Se si vuole frenare il fracking sono più efficaci misure come le tasse sul gas o i divieti diretti», sostiene l'esperto.
La BNS ha già risposto indirettamente alla petizione giovedì scorso, nell'ambito della conferenza stampa trimestrale. Il membro della direzione generale Thomas Moser ha spiegato che dal 2013 l'istituto dispone di criteri di esclusione per gli investimenti. «Abbiamo un processo molto chiaro e valutiamo questi criteri regolarmente», ha sostenuto il 56enne.
«Il mandato legale della BNS è quello di garantire la stabilità dei prezzi», ha aggiunto un portavoce della banca interpellato dall'agenzia Awp. Non prevede di sostenere o penalizzare determinati settori economici. «Grazie alla sua strategia di ampia copertura del mercato, la BNS non impedisce i cambiamenti strutturali dell'economia, ma li riflette automaticamente nel suo portafoglio».