Un rapporto analizza l'operato dell'organo di sorveglianza elvetico e le criticità emerse durante l'emergenza
BERNA - La Finma ha agito bene nell'ambito della crisi di Credit Suisse (CS), ma le basi legali su cui fonda il suo operato hanno mostrato i loro limiti: occorre quindi ampliare le competenze. È quanto emerge, in estrema sintesi, dal rapporto sul tracollo della banca pubblicato oggi dalla stessa autorità di vigilanza dei mercati finanziari.
Il documento comincia con il determinare le cause del dissesto dell'istituto. Il consiglio di amministrazione aveva deciso a più riprese di apportare modifiche alla strategia con l'obiettivo di ridimensionare il comparto investment bank, di ridurre la volatilità degli utili e di orientare maggiormente il modello operativo alla gestione patrimoniale. «Le modifiche alla strategia non sono però state attuate in modo coerente», si legge nell'analisi.
I ricorrenti scandali hanno inoltre compromesso la reputazione della banca, pesato sui risultati e portato a una perdita di fiducia da parte dei clienti, degli investitori e del mercato. La Finma sostiene di aver ripetutamente criticato anche la cultura del rischio della società, spingendo le proprie misure fino ai limiti del quadro legale. Nonostante gli adeguamenti talvolta di vasta portata gli organi della banca non sono comunque riusciti a rimuovere le irregolarità ripetutamente constatate nell'organizzazione dell'impresa.
Intanto la pioggia di bonus però continuava: «Anche negli anni in cui si sono registrate perdite consistenti, le retribuzioni sono rimaste elevate: i principali azionisti non si sono quasi mai avvalsi della loro possibilità di esercitare un'influenza sulle remunerazioni», si rammaricano i funzionari federali.
Riorganizzazioni, nonché costi elevati, multe e perdite hanno inoltre indebolito la base patrimoniale: la banca adempieva i requisiti sia in materia di capitale che di liquidità, tuttavia nemmeno la dotazione di capitale ha consentito di impedire la forte crisi di fiducia, sfociata in deflussi troppo rapidi e di ampia portata, che sono stati ulteriormente acuiti dai mezzi di comunicazione digitale (digital bank run) e in ultima analisi hanno fatto precipitare la banca sull'orlo dell'insolvenza.
E la Finma, in tutto questo?
L'autorità sostiene di aver svolto un'attività di vigilanza ad ampio raggio su Credit Suisse, nel quadro però delle disposizioni legali vigenti. Dal 2012 sono stati svolti 43 accertamenti preliminari nei confronti dell'azienda, sono stati pronunciati nove ammonimenti, sono state sporte 16 denunce penali e sono stati conclusi undici procedimenti di enforcement (cioè di attuazione del diritto) nei confronti dell'istituto nonché tre procedimenti diretti contro persone fisiche.
Nel periodo 2018-2022, i gendarmi bernesi hanno inoltre svolto 108 controlli in loco presso Credit Suisse e individuato 382 punti che richiedevano l'adozione di misure. Per 113 di questi punti, il rischio è stato classificato come elevato o critico: «Queste cifre e misure mostrano che la Finma si è avvalsa di tutte le sue competenze e possibilità previste per legge», sostengono gli estensori del rapporto.
Sempre stando alla ricostruzione attuale la Finma ha individuato già in fase precoce il possibile rischio di una destabilizzazione della banca e ha conseguentemente intensificato la sua attività di vigilanza. Nell'estate 2022 ha ingiunto la banca di adottare provvedimenti concreti di preparazione all'eventualità di una crisi, come la vendita di settori di attività e, in un secondo momento, anche la cessione dell'intera società. Dal canto suo la Finma ha contemporaneamente messo a punto un piano per un possibile risanamento della banca, che nel marzo 2023 era disponibile come scenario alternativo. Le autorità sono tuttavia giunte alla conclusione che l'acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS avrebbe consentito di stabilizzare nel modo più rapido possibile la situazione a fronte di un rischio contenuto.
«La Finma ha impiegato tutta la gamma di strumenti a sua disposizione e individuato precocemente il rischio di una possibile destabilizzazione di Credit Suisse», afferma Thomas Hirschi, responsabile dell'unità di crisi e della divisione banche, citato in un comunicato.
«Il suo operato si è rivelato efficace, ma non ha consentito di rimediare alle cause della perdita di fiducia e di colmare le carenze nell'attuazione della strategia e nella gestione del rischio. Le autorità, conformemente al proprio mandato legale, si sono tuttavia adoperate per tutelare i creditori e la stabilità finanziaria nel momento in cui la banca è uscita dal mercato».
I limiti delle basi legali attuali
Gli insegnamenti che la Finma trae dal caso di CS sono diversi. In primo luogo i provvedimenti adottati dalle autorità per affrontare la crisi vengono ritenuti in linea con l'obiettivo prefissato: si sono rivelati efficaci e hanno consentito di adempiere il mandato legale, garantendo la protezione dei creditori e la funzionalità dei mercati finanziari.
Secondariamente malgrado l'intensificazione dell'attività della Finma all'interno di Credit Suisse la base legale della vigilanza ha mostrato i propri limiti: l'autorità caldeggia quindi un ampliamento delle sue competenze per esercitare una maggiore influenza sugli assoggettati.
Concretamente si vorrebbe l'introduzione di un Senior Managers Regime (maggiore responsabilità diretta degli alti dirigenti), una competenza sanzionatoria e la possibilità di pubblicare regolarmente informazioni sui procedimenti in corso. Affinché si possa intervenire in modo efficace nei sistemi di remunerazione è inoltre necessario un mandato legale più solido.
E ancora: secondo la Finma va perfezionata la regolamentazione in materia di capitale nell'ambito della normativa too big to fail. Si dovrà inoltre poter ordinare fondi propri supplementari di vasta portata per contrastare i rischi derivanti dalle attività commerciali. I piani di stabilizzazione e di crisi dovranno anche essere essere concepiti per fare fronte ancora più rapidamente a corse agli sportelli e a una molteplicità di scenari di crisi.
«Con la pubblicazione di un rapporto esauriente sugli eventi e sugli insegnamenti tratti, abbiamo creato ulteriore trasparenza: questa base ci consente ora di guardare al futuro», argomenta la direttrice ad interim della Finma, Birgit Rutishauser, a sua volta citata nella nota. «Integreremo nella nostra attività di vigilanza gli insegnamenti emersi da questa crisi e li apporteremo negli organismi preposti alla regolamentazione».
«Ci adoperiamo affinché la vigilanza abbia a disposizione carte ancora migliori: il caso specifico di Credit Suisse mostra sia le possibilità sia i limiti della vigilanza», le fa eco la presidente del consiglio di amministrazione della Finma Marlene Amstad. «È chiaro che lo stato della piazza finanziaria svizzera fra cinque o dieci anni sarà in larga misura determinato dalla decisione di rafforzare o no le basi legali della vigilanza», conclude.