Il comparto si trova in una fase di recessione «che ricorda la situazione dell'inizio degli anni 2000», secondo gli esperti.
ZURIGO - Per l'industria svizzera il momento è difficile: a pesare è soprattutto la debolezza della domanda estera e non vi sono segnali di ripresa nel prossimo futuro. Stando a un'analisi di UBS all'orizzonte vi è la cancellazione di migliaia di impieghi
Il comparto si trova in una fase di recessione "che ricorda la situazione dell'inizio degli anni 2000", scrivono gli esperti di UBS nella loro ultima pubblicazione Outlook Svizzera. All'epoca il ramo era uscito dal pantano grazie alla debolezza del franco e all'aumento della domanda cinese. "Oggi, invece, la situazione è diversa", ha osservato il capo economista di UBS Alessandro Bee in una conferenza stampa online.
La moneta elvetica, già forte, si è apprezzata ancora di più alla fine dello scorso anno. Secondo Bee, questo ha ulteriormente peggiorato le prospettive nell'ambito dell'export. L'industria dei macchinari, dell'elettricità e dei metalli (MEM) sta reagendo in maniera più forte al tasso di cambio euro-franco sfavorevole. "I prodotti delle industrie MEM sono soggetti a una maggiore concorrenza sui prezzi: questo perché i clienti possono ottenere beni comparabili altrove, quindi il prezzo è un argomento", ha spiegato l'esperto.
Secondo UBS anche le tensioni geopolitiche offuscano l'umore del settore: il processo di globalizzazione ha subito una battuta d'arresto dopo la crisi finanziaria. "Negli ultimi anni, a causa di controversie commerciali e conflitti armati, sono state erette sempre più barriere in tutto il mondo", si legge nel rapporto. Dalla fine della crisi finanziaria circa due terzi delle esportazioni elvetiche sono state colpite da misure protezionistiche dei partner commerciali. I comparti più colpiti sono stati quelli degli alimentari e della metallurgia. "Solo un terzo, invece, ha beneficiato delle crescenti misure di liberalizzazione", ha afferma Bee. Tra i beneficiari Bee annovera l'industria delle macchine, i fabbricanti di attrezzature mediche e di strumenti di precisione, nonché alcuni prodotti farmaceutici.
"Abbiamo poche speranze di un rapido miglioramento del settore", si è rammaricato lo specialista. Questo perché attualmente l'industria ha ancora scorte molto elevate di prodotti finiti di cui vuole sbarazzarsi. "Anche se la domanda dovesse riprendersi, la produzione migliorerà solo gradualmente".
Per quanto riguarda in particolare l'industria MEM, gli economisti di UBS non vedono attualmente alcun un raggio di sole all'orizzonte. Questo settore, che è uno dei maggiori datori di lavoro della Svizzera, continuerà a soffrire per la debolezza delle esportazioni. E il partner commerciale più importante, l'Eurozona, continuerà a crescere debolmente.
"In questo contesto, l'industria manifatturiera elvetica non dovrebbe riprendersi rapidamente e perdite di posti di lavoro sembrano inevitabili", si legge nel rapporto. Bee e i suoi colleghi prevedono che nell'ultimo trimestre del 2023 e nell'attuale primo trimestre del 2024 saranno tagliati in totale circa 5000 impieghi nell'industria.
L'attuale carenza di manodopera qualificata potrebbe significare che la riduzione effettiva sarà meno grave di quanto ipotizzato. Tuttavia il fatto che alcuni lavori del settore siano altamente specializzati rende le cose più difficili. Ad esempio, chi viene licenziato dalle industrie MEM non trova semplicemente lavoro nel settore farmaceutico.
Secondo Bee vi sono comunque anche fattori di sostegno per l'industria, come i consumi, che rimangono solidi, "ma non esuberanti". Essi sono sostenuti dal mercato del lavoro, che l'esperto definisce ancora "buono". "E verso la fine dell'anno, l'attesa accelerazione dell'economia dell'Eurozona dovrebbe anche alleviare parte della pressione sull'industria locale".