Giornata storica per UBS che oggi a Basilea ritrova i suoi azionisti dopo l'acquisizione di Credit Suisse. Non sono mancate le critiche.
BASILEA - La prima riunione degli azionisti di UBS rappresenta un po' la chiusura di un cerchio, la cui rotazione metaforica era iniziata con la crisi di Credit Suisse e la successiva acquisizione-salvataggio della rivale da parte di UBS.
Il primo a prendere la parola durante questa giornata "storica" è stato il presidente della mega-banca Colm Kelleher che dopo aver salutato gli azionisti ha lanciato il primo missile verso la politica, rea (a suo dire) di mettere troppi paletti alle banche.
«Questo è sicuramente uno degli anni più importanti per UBS», ha esordito. «È infatti la prima volta che due banche di importanza sistemica si uniscono. C'è ancora molto da fare, ma posso assicurarvi che procederemo all'integrazione in modo rapido e sicuro».
L'acquisizione di Credit Suisse ha nel contempo suscitato un nuovo dibattito sulla regolamentazione. «Siamo seriamente preoccupati per i requisiti di capitale aggiuntivo», ha precisato il presidente di UBS, aggiungendo che Il modello di business «è responsabilità del management e che la fiducia nell'Istituto non può venire regolamentata. Una cultura negativa può infatti distruggere l'attività. Questo è particolarmente vero nel settore bancario, dove la fiducia si perde rapidamente».
«Non siamo "too big to fail"» - Per Kelleher il Paese può essere orgoglioso di essere riuscito a evitare una crisi finanziaria senza precedenti. «UBS è una delle banche con la migliore capitalizzazione in Europa, con un modello di business sostenibile e un bilancio corrispondentemente a basso rischio. Non siamo "too big to fail"».
«Maratona, non sprint» - La fine di Credit Suisse è stata «una tragedia per molti», ha ricordato Kelleher. «Ma UBS ha rilevato molte banche, da quelle cantonali a quelle di Wall Street: nel nostro settore, il consolidamento è sempre stato una realtà».
Dopo il presidente ha poi preso la parola Sergio Ermotti, l'uomo richiamato sul ponte di comando per gestire l'integrazione di Credit Suisse. «Sarà una maratona, non uno sprint», ha spiegato il CEO ticinese, precisando di vedere già «molti progressi» in questo ambito. «Sono però ancora necessarie significative misure di ristrutturazione e ottimizzazione, prima che la grande banca possa sfruttare appieno i vantaggi della fusione».
«Anno decisivo» - Per Ermotti il 2024 «sarà un anno decisivo». «La fusione delle nostre banche elvetiche dovrebbe avvenire entro la fine del terzo trimestre». Secondo il CEO i necessari guadagni di efficienza in termini di costi, capitale e finanziamento potranno essere realizzati solo dopo l'unione di queste società. UBS sarà quindi in grado di smantellare gradualmente le vecchie piattaforme di Credit Suisse a partire dalla seconda metà del 2024. «Questo processo continuerà fino al 2025, prima di avvicinarci all'obiettivo finale nel 2026».
«I rischi non sono sostenuti dallo Stato» - Ermotti ha poi anche criticato - definendola «fattualmente errata» - l'argomentazione di chi sostiene che UBS, con la sua grandezza, dispone di una garanzia statale implicita. «I rischi di UBS sono sostenuti dagli azionisti e dai detentori di strumenti AT1 e di obbligazioni TLAC, non dai contribuenti».
«Licenziamenti a breve e medio termine» - Per quanto riguarda la delicata questione dei tagli al personale, il manager ticinese parla «di decisioni difficili ma necessarie, per riuscire a completare la fusione». Gli impieghi che andranno persi, si sa già da tempo, saranno nell'ordine delle migliaia e si inizierà a licenziare «già nel breve e medio termine, faremo comunque il possibile per limitarne l'entità», conferma Ermotti che ribadisce come, «i nostri piani permetteranno, in futuro, di creare nuovi posti di lavoro di alta qualità in Svizzera».
Terminati gli interventi della dirigenza, ora la metaforica palla passa agli azionisti. Sul tavolo i chiacchieratissimi bonus e la remunerazione-record di Ermotti (14,4 milioni di franchi in nove mesi con i bonus che potrebbero portarlo fino a 20 milioni).
«Salario eccessivo? Quello di Ermotti è il lavoro più difficile che ci sia» - A difendere la decisione, lo stesso Kelleher: «Ermotti ha senza dubbio il lavoro più difficile di tutto il settore finanziario mondiale, e lo svolge in maniera eccellente. Inoltre gli stipendi dei grandi banchieri americani sono molto più alti di così e, tranquilli, non ci arriveremo mai», conclude.
Kelleher ha poi preso la parola per rispondere alle critiche relative al sistema di bonus che alcuni azionisti del gruppo Ethos-Kaufmann definendosi «preoccupati» ritengono «insufficientemente trasparente», spiegando come il sistema attualmente in vigore in UBS sia «corrispondente a quello che viene utilizzato in tutto il settore finanziario» ed è «strettamente legato al successo dell'azienda».
«Dovreste vergognarvi», non ha moderato i toni Fritz Peter dell’organizzazione Actares (azionisti per un'economia sostenibile): «14 milioni per nove mesi di lavoro è decisamente esagerato, per noi questo è stato un errore palese da parte del consiglio d'amministrazione, è un affronto a tutti gli azionisti e all'intero sistema finanziario svizzero. In un momento delicato come questo, quello che sarebbe opportuno sarebbero moderazione e umiltà».
L'azionista CS: «Mi sento di me**da» - Fra gli azionisti che hanno preso la parola, anche quelli di Credit Suisse: «Ho perso tantissimi soldi, la chiusura è stato uno scandalo», commenta uno puntando ancora il dito contro il maxi-stipendio del manager ticinese.
La risposta di Kelleher è laconica: «Se non ci fosse stato alcun salvataggio i soldi li avrebbe persi tutti, CS era in bancarotta... quello che dobbiamo fare da qui in poi è procedere con trasparenza e chiarezza».
Non è d'accordo un altro azionista di Credit Suisse: «dovrebbe spettarci un risarcimento, siamo sentiamo come fossimo delle me**e», ha chiosato in maniera accesa, «sarà anche stata un'emergenza ma Ubs ci ha guadagnato miliardi... si poteva provare a rinnovare Credit Suisse, salvarlo senza una fusione». Un tero azionista CS deluso, critica il management Ubs: «Anche Credit Suisse elargiva bonus esagerati, e guardate com'è finita!».
Si parla (tanto) anche di clima - Fra i vari interventi a tema bonus, ce ne sono altrettanti a tema climatico con azionisti-attivisti e veri e propri attivisti a prendere la parola. Fra le richieste sollevate quelle della politica a emissioni zero dell'azienda così come la partecipazione aziende e conglomerati fortemente inquinanti. Fra gli interventi citiamo quello di Greenpeace, per voce di Peter Haberstich, che chiede «un impegno vincolante per quanto riguarda gli obiettivi di decarbonizzazione».
Remunerazioni approvate - Malgrado tutti questi interventi critici, gli azionisti hanno infine comunque approvato a netta maggioranza il rapporto sulle remunerazioni. In un voto consultivo l'assemblea generale ha infatti optato per il "sì" nella misura dell'83,5%. Gli azionisti hanno inoltre approvato il rapporto di sostenibilità (93,4%) e il rapporto d'esercizio e i bilanci (con il 99,2%), dando il via libera alla distribuzione dei dividendi. All'assemblea generale annuale presso la St. Jakobshalle di Basilea erano presenti in totale 1538 azionisti, per un totale del 78% di tutte le azioni con diritto di voto.