Ne è convinto Jan Viebig, responsabile degli investimenti di Oddo BHF, società che amministra patrimoni per 140 miliardi di euro.
ZURIGO - Il franco svizzero è tuttora esposto al pericolo di un ulteriore rafforzamento, vista la situazione globale, con particolare riferimento a Stati Uniti ed Eurozona: ne è convinto Jan Viebig, responsabile degli investimenti di Oddo BHF, società franco-tedesca che amministra patrimoni per 140 miliardi di euro (131 miliardi di franchi).
«La Banca nazionale svizzera ha già fatto molto e ha tagliato i tassi di interesse due volte quest'anno: è stata la decisione giusta», afferma il 55enne in un'intervista al portale Cash. «L'economia elvetica sta andando relativamente bene e ci aspettiamo una crescita di circa l'1%, forse l'1,3% quest'anno, molto più alta di quella tedesca. Inoltre, l'inflazione in Svizzera è diminuita in modo più marcato rispetto all'Eurozona».
Un fattore importante, secondo l'esperto, è il fatto che la Banca nazionale è indipendente dal punto di vista funzionale e soprattutto che non riceve istruzioni. «Quest'ultimo aspetto può essere riconosciuto dalla nomina del nuovo presidente della direzione Martin Schlegel, che è attivo presso la BNS dal 2003: si tratta di un periodo molto lungo e la sua elezione da parte del consiglio di banca dimostra la grande indipendenza dalla politica».
L'istituto - argomentano i giornalisti di Cash - sembra però dipendere più che altro dal franco forte. «Naturalmente nemmeno la banca centrale elvetica è realmente indipendente», risponde l'intervistato. «La Svizzera è un paese molto produttivo. È un'economia estremamente aperta, che lo scorso anno ha esportato beni per un valore di 377 miliardi di franchi, con un prodotto interno lordo (Pil) di 814 miliardi di franchi. La BNS deve quindi sempre garantire che il franco non diventi troppo forte».
Il mercato non prevede che i tassi di interesse della BNS tornino a zero, mentre d'altra parte la Banca centrale europea (Bce) e la Federal Reserve statunitense abbasseranno il costo del denaro in modo molto più deciso. «Di conseguenza i differenziali dei tassi di interesse si ridurranno e ciò comporterà naturalmente una maggiore probabilità di apprezzamento del franco».
Quindi c'è ancora il rischio di un ulteriore rafforzamento? «Sì, ed è per questo che la BNS è saggia nel continuare a dire che può intervenire per contrastare questa enorme pressione al rialzo», replica lo specialista. «Con il suo basso livello di indebitamento la Svizzera si trova in una posizione molto migliore rispetto ad esempio agli Stati Uniti o a molti paesi dell'Eurozona. Negli Usa abbiamo un debito di 35'000 miliardi di dollari (oltre 29'500 miliardi di franchi), mentre il Pil è di soli 28'000 miliardi di dollari: in termini di rapporto debito/Pil complessivo siamo attualmente al 123%. Questo suggerisce che il dollaro dovrebbe deprezzarsi rispetto a un'economia molto più stabile come quella elvetica. È una legge di natura che il franco svizzero tenda a rafforzarsi», conclude il professionista, che ha anche un'attività accademica, insegnando finanza alla Goethe-Universität di Francoforte.