La Confederazione è il Paese europeo più sfruttato dalle multinazionali, che fuggono dalle tasse con "investimenti fantasma".
LUGANO - Al primo posto tra i Paesi europei, nella poco edificante classifica dedicata ai paradisi fiscali per le multinazionali, spicca la Confederazione. A mettere nero su bianco la graduatoria di chi favorisce l'evasione delle corporation è uno studio: il Corporate Tax Haven Index, redatto dai ricercatori dell'organizzazione non governativa Tax Justice Network, che hanno preso in considerazione decine di indicatori, combinati tra loro.
Dunque, come spiegano gli studiosi del Network, il Tax Index stila la graduatoria degli Stati che "aiutano" le multinazionali a pagare meno tasse. Risultati ottenuti dopo aver analizzato il margine di manovra concesso da ciascuna giurisdizione fiscale, insieme alla quantità di attività finanziaria che entra ed esce dal Paese preso in esame. E tra gli elementi chiave figurano soprattutto le royalty e le commissioni (addebiti) di servizio che, se gonfiate e poi sottoposte a imposizione fiscale in giurisdizioni compiacenti, riducono il peso dell'imponibile.
Analizzando poi la classifica a livello mondiale, i paradisi per eccellenza sono i territori britannici d'oltremare: al primo posto le Isole vergini britanniche, al secondo le Isole Cayman e Bermuda al terzo. Tutti e tre hanno ottenuto il punteggio più alto - e dunque il peggiore possibile - in fatto di margine lasciato all'abuso fiscale (100 su 100). La Svizzera (89 su 100) è quarta a livello globale, cioè su settanta paesi considerati nello studio. Nella top ten segue Singapore al quinto posto e poi, in ordine, Hong Kong, Paesi Bassi, l'Isola di Jersey, l’Irlanda e infine, decimo il Lussemburgo.
«L'abuso fiscale aziendale deruba i governi di denaro pubblico e le persone di un futuro migliore - scrive Moran Harari, vicedirettore politico del Tax Justice Network sul portale dell'organizzazione -. Invitiamo tutti i governi a utilizzare l'indice per contrastare l'abuso fiscale aziendale in patria e all'estero». Illeciti che, ogni anno, per due terzi sono riconducibili al trasferimento ad opera delle multinazionali dei propri profitti all'estero, mentre il restante un terzo è relativo a singoli individui che nascondono le loro finanze offshore.
Quanto infine alle cifre, complessivamente i ricercatori stimano che il "sistema mondo" perda 84 miliardi di dollari l’anno in imposte non versate dalle corporation nei paradisi britannici. Cifra che sale invece a 169 miliardi se si aggiunge anche l'ammanco di gettito dovuto alle ricchezze individuali offshore.
Soldi in fuga - verrebbe da dire - che originano un flusso di ricchezza sterile. Metà degli investimenti esteri sono infatti considerati "investimenti fantasma", che cioè non entrano veramente nell'economia nel "sistema paese" ma che transitano da un paese all'altro, solo per pagare meno tasse.