Google sceglie New York per aprire il suo primo negozio monomarca.
Mentre il Gruppo Disney e Accesorize chiudono molti spazi in Europa, affidandosi alle vendite online.
NEW YORK - È New York la città scelta dal Google per il suo debutto retail. Negli scorsi giorni, infatti, la controllante Alphabet Inc ha dichiarato che Big G aprirà il suo primo negozio fisico nella Grande Mela quest’estate, ricalcando quell’approccio al dettaglio che ha aiutato Apple a incassare miliardi di dollari negli ultimi due decenni. Ma a ben vedere si tratta di una scommessa che anche Amazon sta percorrendo con l’apertura degli spazi fisici Amazon Go. Tornando a Google, il suo primo store sarà situato nel quartiere Chelsea della città, vicino al campus newyorkese dell’azienda, che oggi ospita oltre 11mila dipendenti.
Come osserva Pambianco, Google in passato ha già testato la vendita diretta e aperto dei negozi pop-up per promuovere i suoi prodotti, ma nel suo monomarca ha precisato che venderà smartphone Pixel, Pixelbook e fitness tracker Fitbit insieme ai dispositivi domestici intelligenti Nest. Il negozio offrirà anche un servizio di in-store pick up, permettendo ai clienti di comprare online da GoogleStore.com con ritiro direttamente nel negozio fisico. «All’interno del negozio, tutti i visitatori potranno fare esperienza di come tutti i servizi e prodotti Google funzionano insieme in maniera immersiva», con ulteriori dettagli che Google si riserva di rivelare in fase di inaugurazione. «L’annuncio – spiega Reuters – segnala che il gigante d'Internet ha preso ispirazione da Apple nella gestione di negozi fisici e nella fornitura di servizi di persona al cliente per aumentare le vendite». Apple, che ha aperto i suoi primi due negozi al dettaglio in Virginia nel 2001, ha 270 negozi negli Stati Uniti e molti altri in tutto il mondo. Questi, oltre a trainare le vendite, forniscono anche ai clienti un servizio di assistenza diretta per risolvere piccoli e grandi problemi di gestione dei supporti tecnologici.
Ma se i colossi tecnologici trovano una sede fisica per rendere più agevole il contatto con i propri clienti, ci sono marchi che invece intraprendo la strada opposta. Ovvero chiudono i negozi fisici per puntare sulle vendite online. È il caso della catena Disney che a marzo aveva annunciato di voler chiudere 60 dei suoi Disney Store in tutto il Nord America scommettendo sulle piattaforme e-commerce. Dei circa 300 negozi Disney in tutto il mondo, il colosso aveva fatto sapere di volerne chiudere il 20% quest’anno, fra cui i 16 punti vendita della vicina Italia. E alcuni era in posizioni di grande pregio e traffico come Corso Vittorio Emanuele a Milano e Via del Corso a Roma.
Ma non si tratta dell’unica azienda perché il mese scorso il brand inglese di accessori e bijoux Accessorize che fa capo al gruppo Monsoon Accessorize ha comunicato la chiusura in Italia di ben 25 negozi. Una decisione che avviene dopo 18 anni dall’inaugurazione del primo negozio aperto nel Bel Paese e che probabilmente è uno degli effetti più dirompenti della crisi dettata dal Covid-19. E anche Inditex, il più grande gruppo del fast fashion, ridimensiona, a livello globale, i punti vendita più piccoli a favore dell’espansione dei negozi monomarca, con 1.200 chiusure previste entro la fine del 2021. Fino a 700 negozi chiuderanno in Europa, oltre a 100 nelle Americhe e 400 nel resto del mondo. Sempre Inditex ha optato per la chiusura dei punti vendita fisici dei marchi come young Bershka, Pull&Bear e Stradivarius, le cui collezioni resteranno però disponibili online.
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