Le storie di tre transgender romandi nel documentario di Robin Harsch che arriva in Ticino questo 21 ottobre
GINEVRA - In questo periodo storico di presa di coscienza globale sulle tematiche arcobaleno, anche la piccola Svizzera sembra un po' recuperare il terreno perduto con le realtà più globali europee e mondiali.
Malgrado i passi avanti la sensazione che resta nella comunità Lgbtqi+ - per chi la vive, la frequenta o ci lavora - è che ci sia ancora molto, moltissimo da fare. È proprio in questi ambiti, quelli che toccano le minoranze più sensibili, che diventa chiaro come le parole - fra politica, media e social - siano una cosa e i fatti un'altra.
È un po' questa la sensazione che salta fuori da “Sous la Peau”, documentario realizzato in quel di Ginevra dal regista romando Robin Harsch che voleva dare un ritratto della scena arcobaleno della città, finendo poi per esplorare solo un aspetto, quello legato alla transessualità e alla transizione di due ragazzi e una ragazza, in cerca del vero sé.
«Tutto parte dallo spazio Le Refuge, per persone Lgbtqi+, una realtà che purtroppo al momento è unica in Svizzera», ci racconta Harsch, «lì ragazze e ragazzi vengono accolte e seguiti, anche ospitate se necessario. Per farci un'idea, Le Refuge si trova nel quartiere Paquis di Ginevra, quello che chiamano quartier chaud, delle prostitute e dei locali...»
L'idea di fare un documentario sulla transessualità ti era chiara sin da subito?
In realtà no, io volevo fare un documentario sullo spazio e sulla comunità. Quando mi sono trovato lì, con la telecamera, però mi sono accorto che nessun gay e nessuna lesbica aveva voglia di condividere con me la sua storia, tanto che stavo per lasciar perdere il progetto.
È stato l'entusiasmo delle persone transgender a convincermi ad andare avanti, avevano tantissima voglia di parlare con me, di raccontarsi e di raccontare il viaggio che stavano intraprendendo.
Nel film segui durante due anni il percorso di due ragazzi, Soan e Logan, e una ragazza, Effie. Come li hai scelti?
Diciamo che loro tre sono quelli che mi hanno dato di più sin da subito, durante i due anni di lavorazione ne ho seguiti altri in maniera meno continuata ma alla fine ho deciso di lasciar perdere e focalizzarmi solo su di loro.
Com'è stato per te vederli cambiare nel tempo durante la loro transizione?
È stato davvero sorprendente, mi avvicinavo al mondo transgender senza sapere quasi nulla, e vedere gli effetti che le iniezioni di testosterone hanno sui corpi è davvero incredibile, quasi allucinante.
Era come veder sbocciare, dal nulla, la pubertà: la voce che cambia, i peli e la barba, anche l'odore! Al di là di quanto cambiasse il loro fisico però, non ho mai avuto dubbi su chi avevo davanti, per me erano sempre loro.
Non penso di poter dire lo stesso dei ragazzi, però. Soan, ad esempio, non è riuscito più a rivedersi “com'era prima” quando gli ho fatto vedere le immagini. Per lui, quella era davvero un'altra persona.
Uno dei punti di vista di questo documentario riguarda quello dei genitori, che si trovano confrontati con un figlio che non sta bene nella sua pelle. Come mai questa scelta?
Penso sia una conseguenza abbastanza personale, anche io sono papà e - mentre iniziavo a lavorare a questo progetto - ho iniziato a pensare cosa farei se mio figlio capisse di essere nato nel genere sbagliato. Con un amico siamo stati su una notte intera, durante una vacanza, a parlarne (ride).
Il documentario parte un po' da questa domanda che mi sono fatto: «Come reagirei?». Per questo motivo ho voluto coinvolgere, quando possibile, anche i genitori dei ragazzi che offrono un controcanto al percorso dei loro figli.
“Sous La Peau” arriva in Ticino a partire da questo giovedì 21 ottobre al cinema LUX art house di Massagno. Sarà presente anche una delle protagoniste del documentario, Effie Alexandra.