Nuovo singolo per il cantautore, che ha deciso di pubblicarlo anche su Cd
LUGANO - Nei giorni scorsi Andrea Bignasca ha pubblicato "Where Things Grow Mean", il suo nuovo singolo con relativo videoclip scritto da lui e girato da Carl Russ-Mohl. Sempre più artista di caratura nazionale, il cantautore ritrova in questo brano i suoni che gli appartengono fin dall'album d'esordio e che erano stati parzialmente accantonati nel più ruvido "Murder".
Possiamo dire che "Where Things Grow Mean" è una canzone che parla di amore e non una canzone d'amore?
«Sono pienamente d'accordo. Non è autobiografica ma è qualcosa che ho capito nella mia relazione di quasi 13 anni: c'è bisogno dell'azione dell'amare, dev'essere una decisione che viene presa ogni giorno».
Come ti è venuta l'idea del video?
«Ho pensato di rappresentare quasi teatralmente, con tanto di coreografia, una mia giornata tipo. C'è il suonare ma anche l'ozio, lo stare al computer... Le ondate di entusiasmo su ciò a cui sto lavorando sono rappresentate dai miei demoni interiori. Ogni tanto sono estremamente sincronizzati con me: specialmente nei ritornelli, in cui balliamo insieme. Oppure quando già m'immagino di suonare la canzone su un palco, nell'assolo. Ma capita che lavorino contro di me: allora s'incarnano nei dubbi, nelle angosce».
Come mai avete optato per un pianosequenza?
«Mi piaceva l'esercizio di stile di realizzare il video in un'unica sequenza».
È stata buona la prima?
«No, per niente! (ride, ndr). L'idea geniale è stata di farlo a febbraio, di notte. Puoi immaginare... Abbiamo provato diverse volte (io con il giaccone addosso), poi cinque-sei take e abbiamo scelto il migliore».
Sei soddisfatto del risultato finale?
«Trovo che sia perfetto al 93%, ma quelle sono fisime mie... Sono molto contento di come è uscito, è praticamente come me lo immaginavo».
Dove è stato realizzato?
«All'ex Saceba, nel Parco delle gole della Breggia. Mi piaceva il contrasto tra il set abbandonato, industriale ed enorme con il salottino simil-domestico. Che non c'entra niente, in quel contesto... È stato bello lavorare con luci, fumo e così via».
Ti vediamo ballare: ti sei ispirato a qualcuno in particolare per i passi e la coreografia? Mi è venuto in mente lo Springsteen degli anni '80...
«Il ballo è il mio omaggio "for the ladies" (ride, ndr). Beh, Springsteen fa parte del mio Dna, quindi penso proprio che qualcosa di quello ci sia. In generale non c'è un riferimento diretto: a me piace ballare e quello è il mio stile. Purtroppo manca Courteney Cox che sale sul palco (nel celebre video di "Dancing In The Dark" di Springsteen, ndr)».
Hai scelto di pubblicare il singolo su Cd: una scelta insolita...
«Spiego perché nella sezione merchandising del mio sito: "Suonare dal vivo è una delle maggiori gioie della mia vita e la mia fonte primaria di entrate. Non solo perché vengo pagato dal locale ma anche perché i guadagni arrivano principalmente dalla vendita del merchandising dopo lo show. A causa delle circostanze attuali, ho dovuto cancellare tutti i concerti. Di conseguenza, la mia sussistenza dipende unicamente da quello che vendo qui". Ecco come è nata questa idea molto anni '90, giustificata anche dalle tante richieste di persone che vogliono qualcosa di "fisico". È qualcosa che si può organizzare in due settimane ed è una limited edition: non ne ho stampati tanti...».
L'avresti fatto comunque, anche se non ci fossimo trovati in mezzo a una pandemia?
«No, non lo avrei fatto. La scelta, adesso, è di lavorare un po' a singoli in vista della pubblicazione di un album a inizio 2021. Ho deciso di essere un po' più attivo a livello discografico durante l'anno, il che mi permetterà anche di spendere un po' meno in studio, quando sarà il momento. Faremo la stessa cosa anche per il secondo singolo, che uscirà a fine maggio».
Come sta cambiando, e come cambierà il mondo della musica?
«Ho delle opinioni semi-formate: da un lato mi piace che la musica possa arrivare nelle case di tutti con questi show live streaming che vediamo ultimamente. D'altra parte, l'ultima cosa che voglio è svalorizzare il prodotto musicale. Già siamo un pubblico abituato ad averla spesso gratis, nelle grandi piazze del Cantone, e questo porta il pubblico a non essere educato ad apprezzare quell che sente. Diventa più un sottofondo al bere qualcosa con gli amici. La speranza maggiore è che rinasca una forte fame di musica, di andarla a sentire e stare tra la gente (quando si potrà di nuovo).