Il segreto del rapper milanese di “Superclassico” che il 23 luglio sarà dal vivo al Castle On Air di Bellinzona
MILANO - Dopo il successo del suo album “Gemelli” e del singolone “Superclassico” il rapper e cantante Ernia arriva in Ticino per il Castle On Air. Una serata, quella del 23 luglio, che verrà aperta da un altro artista molto apprezzato dai giovanissimi, Deddy.
Per il meneghino, quella di Bellinzona è una prima, almeno dal punto di vista artistico: «Ho un bisnonno emigrato a Milano dalla Svizzera tedesca», ci racconta, «anche se di svizzero mi rimane molto poco, il tedesco l'ho studiato all'Università e diciamo che vado un po' “a naso”», ride, «il Ticino però lo conosco, negli anni ci sono venuto diverse volte ma mai per suonare».
Classe 1993, milanese nato e cresciuto, Ernia può essere definito uno dei primi trapper della Penisola: «Sì, è vero, ho fatto parte di un gruppo (la Troupe d'elite, in cui c'era anche Ghali, ndr.) che ha iniziato a fare una sorta di proto-trap prima che diventasse mainstream. Diciamo che non abbiamo proprio avuto un accoglienza caldissima, né dai “colleghi” ne dalla critica».
Il termine precursore, però, gli sta stretto: «È troppo facile dire: “Sono stato il primo” quando non sei riuscito a sfondare, il merito vero va a chi invece chi riesce e porta la sua musica al grande pubblico».
Fra questi, di sicuro c'e anche Sfera Ebbasta, che Ernia conosce bene e che appare anche nel suo nuovo singolo “Di Notte”: «Ci frequentiamo da una vita e abbiamo collaborato già diverse volte da emergenti, questa per “Di notte” era quasi chiamata. Come nascono feat. come questi? Con naturalezza e in amicizia, capita che ci si incontri in ufficio e ci si dica: “Uè, non è che mi fai un ritornello?” (ride). Di calcoli proprio zero».
Tornando al disco “Gemelli”, l'impressione è quella di un'evoluzione artistica... «Direi piuttosto un riposizionamento, ho voluto provare a scrivere puntando più alla pancia e usando meno parole per arrivare dritto al cuore. La lezione che ho voluto seguire è quella dei grandissimi che con 4 concetti erano in grado di emozionarti».
Dal rap guardare... al cantautorato, non è strano? «Proprio no, è il genere meticcio per eccellenza ed è sopravvissuto fino a oggi proprio perché ha saputo contaminarsi per reinventarsi, costantemente».