Se il telefilm è sia in streaming sia in tele, c'è chi sceglie l'uno e chi l'altro. Abbiamo provato a capire il perché
LUGANO - Se siete un attimino impallinati di serie e siete soliti bazzicare tanto Netflix quanto la tv in chiaro nazionale sicuramente una cosa l'avrete notata, soprattutto in questi mesi estivi pandemici, poveri di uscite davvero di peso: le serie televisive, nel senso proprio quelle che anche da noi in Ticino passano in tivù, vanno per la maggiore.
Qualche esempio? Ve ne faccio due, senza troppi problemi (una la trovate ancora in classifica in questi giorni): la serie medica ad ambientazione fanta-newyorchese “New Amsterdam” e l'arzigogolato thriller spionistico “The Blacklist” entrambe alle prime posizioni della top 10 di Netflix fra luglio e agosto mentre... erano in onda anche sulla RSI.
La domanda quindi sorge spontanea, pensando proprio alla nostra televisione svizzera: come ci si pone di fronte a un concorrente così? «La verità è che di base non ci poniamo proprio in competizione», ci spiega Gea Montorfani responsabile dell’unità Acquisti fiction della RSI, «per Netflix l'acquisto e messa in onda di questo tipo di produzioni è abbastanza recente, si tratta di prodotti più lineari e per certi versi più tradizionali e mainstream».
Un cambiamento, quello evidenziato da Montorfani che arriva con la volontà del colosso dello streaming di abbandonare la nicchia, con produzioni culto che hanno comunque fatto un'epoca (da “Stranger Things” a ”Orange is the New Black”) per provare a giocarsela non solo con la televisione in chiaro ma anche con il cinema.
Ma in un contesto come quello televisivo, cosa va bene e cosa meno bene? «Un telefilm come “Blacklist“, per esempio, è perfetto per il binge watching mentre magari in un palinsesto come il nostro rischia di andare così così, se perdi una puntata, nonostante diamo la possibilità di recuperare l’episodio per almeno 7 giorni su Play Rsi, è facile rimanere in dietro. Cambieremo approccio ora che lo streaming guarda al mainstream? È ancora tutto da valutare», conferma la responsabile.
L'idea che viene, anche tenendo in considerazione che si tratta comunque di dati svizzeri, è che chi guarda i dottori di “New Amsterdam” su Netflix poi non li guardi affatto sulla Rsi e... viceversa: «È molto probabile che sia così, anche se noi non abbiamo dati che possano confermarlo», continua Montorfani.
L'impressione è che si tratti proprio di due pubblici diversi, fra chi preferisce la televisione “tradizionale” e chi computer, tablet o smart tv: «Assolutamente sì, per questi prodotti la Rsi ha un pubblico, diciamo così, più maturo con un'età media che si aggira attorno ai 50 anni. Per Netflix si parla di un bacino ben più giovane che include i millenials fino ai giovanissimi».
Un punto di contatto fra i due mondi, potrebbe essere la messa in onda a partire dal 14 ottobre di una delle pietre miliari di Netflix, “Narcos”... 6 anni dopo la messa in streaming.