Presto fuori il nuovo album del noto artista elvetico, che nel frattempo vi aspetta a Lugano con il Circo Knie
LUGANO - Compie dieci anni di carriera uno degli artisti svizzeri più amati, Bastian Baker, e quale è il modo migliore per festeggiare, se non pubblicando un nuovo disco e tentando nuove esperienze?
Dopo i successi dei primi quattro album, con i quali ha vinto diversi premi oltre ad un disco di platino e sette "Swiss Music Awards", la stella del pop losannese è quindi pronta a stupire ed emozionare nuovamente il pubblico svizzero ed internazionale con "Stories of the XXI", in uscita il 14 gennaio 2022. Dieci brani nati tra la Svizzera e gli USA che non possono essere limitati ad un genere unico, che spaziano dal pop moderno al rock alle canzoni d'autore.
Dopo il singolo "Dancing Without You", che ha riscosso un grande successo, è intanto uscito anche il video musicale e il singolo "The Way It Is", la terza traccia dell'album. Nel marzo 2022, Bastian Baker andrà in tour in Svizzera per festeggiare i suoi dieci anni sul palco, ma nel frattempo, è il primo musicista a dirigere un tour del Circo Knie, per cui si trova al momento a Lugano, dove l'abbiamo incontrato.
10 anni di musica. Come ti senti?
«Mi sento bene. Non mi sento affatto come se fossero già passati dieci anni, per me è incredibile essere qui oggi, potermi guardare indietro e vedere tutto quello che ho fatto, tutti i concerti, tutti i Paesi in cui sono stato e in cui ho incontrato tante persone meravigliose. È qualcosa di molto speciale».
Qual è stato per te il momento più bello di questi 10 anni? C'è stato invece un momento meno bello?
«I momenti belli sono stati davvero tanti. L'inizio è stato incredibile, era come vivere in un film, ogni giorno c'era il telefono che squillava e le buone notizie che arrivavano continuamente. È stato incredibile. Poi con i concerti come il Montreux Jazz Festival o l'Olympia a Parigi, questi eventi ancora oggi mi evocano emozioni fortissime. Momenti meno belli? È forse l'1% della mia vita, mi ritengo molto fortunato».
Cosa ci racconti del nuovo album "Stories Of The XXI"?
«Quest'album è speciale perché quando l'ho cominciato il mondo era ancora normale, e quando l'ho finito eravamo nel mezzo di una pandemia mondiale. Quindi improvvisamente si doveva lavorare con le videochiamate, con le e-mail, ecc... ed è stato qualcosa di nuovo per me, che sono abituato a stare in studio di persona con i musicisti. Comunque sì, ho scritto le canzoni a Los Angeles, a Nashville, qui in Svizzera, e anche in Costa Rica, durante il lockdown (a marzo 2020). E anche le produzioni hanno avuto luogo un po' dappertutto, per questo il disco ha un sound molto internazionale. Oltre a ciò, ho lavorato con persone che già conoscevo, ma anche con persone nuove: l'esempio principale è il mio chitarrista, con cui ho fatto due produzioni, ed era la prima volta che lavoravamo insieme».
La pandemia ti ha dato il tempo per sperimentare, musicalmente?
«Non ho potuto sperimentare moltissimo poiché io ero solo con la mia chitarra, non sono come un dj esperto con le nuove tecnologie che sperimenta con il computer, ma quello che per me è stato speciale - in particolare ora che la musica è diventata il mio lavoro - è che mi sono ritrovato come quando avevo 16/7 anni e scrivevo e suonavo da solo, solo per me stesso, per passione, ed è così che sono nate - durante il lockdown - alcune delle nuove canzoni».
È uscito anche il video musicale di “The way it is”, come è andata?
«I video per me sono sempre stati qualcosa di complicato. Scrivere le canzoni, andare in studio, è qualcosa che mi riesce bene. Per i video, al contrario, faccio sempre più fatica. In questo caso sono stato fortunato perché il mio amico Pat Burgener (snowboarder professionista) ha cominciato a fare dei video che mi sono piaciuti e gli ho proposto di fare qualcosa insieme, qualcosa di semplice, e quindi ci siamo lanciati e abbiamo fatto dei tentativi a casa mia, e il risultato mi è piaciuto molto, si vede veramente di cosa parla la canzone».
Ma perché siamo in questa location, con i cavalli e il tendone?
«Oggi c'è la prima con il Circo Knie qui a Lugano, siamo qui per 1/2 settimane, e durante lo show, se non l'avete visto, anche io sono su un cavallo a cantare! (ride, ndr.), è difficile, ma è davvero bello»
Non è un po' pericoloso?
«Io sono un po' pazzo, mi piace provare delle cose nuove. Prima di cominciare questo tour ho parlato con l'organizzazione, per capire come fare per essere più di "solo" un cantante che fa le sue canzoni e torna a casa. Allora vedendo i bellissimi cavalli che tutti conoscono e amano mi sono detto "sarebbe bello poter fare una canzone su uno di questi cavalli" e lei mi ha detto "sei sicuro? Non è facile" e io ho deciso di provare ed è stato incredibile. Ho tanto amore per questi animali e mi piace tantissimo quello che abbiamo fatto insieme».
Come ci si allena per qualcosa del genere?
«Avevo tre settimane prima del primo show e pensavo che sarebbe stato molto difficile. Però iniziando a farlo, pian piano, mi è sembrato sempre più facile. È però diventato veramente arduo con l'arrivo degli spettacoli dal vivo: a volte il cavallo non è motivato, non collabora, e a volte ci sono tante cose che devo fare contemporaneamente: concentrarmi, cantare, tenere d'occhio dove va il cavallo, connettermi con il pubblico. Sicuramente è un'esperienza che mi ha fatto un artista più completo e migliore».
Cosa ti affascina di più del Circo?
«Credo che solo il fatto che siano otto generazioni (duecento anni) che fanno questi spettacoli è incredibile. Vedere questa famiglia che è sempre qui, che lavora, che ogni anno vuole fare qualcosa di nuovo per il pubblico svizzero è davvero affascinante per me. Poi questo tipo di spettacolo è quello tipico dei miei sogni: io sul palco ho sempre voluto motociclette, fuoco, tutte cose esplosive, e ora qui ce le ho».