Snobbato da parecchi all'epoca, oggi è la prima dimostrazione del talento di Lana Del Rey
LOS ANGELES - Il 27 gennaio 2012 usciva in Svizzera, Germania, Austria Belgio e pochi altri paesi europei "Born To Die" di Lana Del Rey. È il primo album della cantautrice statunitense classe 1985, che fino a quel momento era nota solo per essere un'interessante artista di nicchia e che, da un giorno all'altro, si ritrova a essere sospinta verso la celebrità internazionale sull'onda di una grande macchina mediatica, fatta di merchandising e gossip.
Un talento meno solido di quello di Lana sarebbe naufragato dopo i vari scossoni ricevuti (le critiche sull'estetica e sulla scarsa capacità a reggere il palcoscenico), ma lei ha saputo dimostrare di non essere un fuoco di paglia. Tanto che "Born To Die", snobbato da parecchi nell'immediato, è stato rivalutato negli anni successivi e ora costituisce il primo esempio di un scintillante percorso artistico. Non il migliore, d'accordo, ma senza "Born To Die" e le sue hit (ricordiamo "Blue Jeans" e soprattutto "Video Games") non avremmo avuto gli album degli anni successivi, come lo splendido "Norman Fucking Rockwell!" del 2019 o l'ottima accoppiata dello scorso anno, "Chemtrails Over The Country Club" e "Blue Banisters".
"Born To Die" è un disco che, a distanza di un decennio, vale la pena di riascoltare.