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Non ci sono più i supereroi di una volta

STREAMINGNon ci sono più i supereroi di una volta

14.07.22 - 06:30
Da “The Boys” a “Umbrella Academy” le eroiche calzamaglie non sono mai state così smagliate, ma non è affatto un male
Amazon Studios
“The Boys”
“The Boys”
Non ci sono più i supereroi di una volta
Da “The Boys” a “Umbrella Academy” le eroiche calzamaglie non sono mai state così smagliate, ma non è affatto un male

LUGANO - Negli anni '40 combattevano il nazismo, negli anni '50 la "minaccia rossa", negli anni '60 e '70 sostenevano le lotte per i diritti civili, negli anni '80 si battevano nella Guerra Fredda, alla fine degli anni '90 piangevano la caduta delle torri gemelle e affrontavano il terrorismo fondamentalista. Dopo il 2000, invece, abbracciavano la lotta e i valori della comunità arcobaleno e una società più inclusiva a tutto tondo.

Sin dalle loro origini, i supereroi hanno incarnato - o almeno riflesso - i valori della nostra società, giocando con tematiche care all'attualità a volte per veicolare un messaggio ben determinato, altre volte anche solo per urgenza espressiva.

Sia l'una che l'altra sono pure alla base della decadenza estrema di due serie supereroistiche (o forse meglio diversamente supereroistiche) che queste settimane stanno andando per la maggiore sulle piattaforme streaming, ovvero “The Boys” (Prime Video) e “The Umbrella Academy” (Netflix) entrambe alla loro terza stagione.

In maniera simile, i due telefilm mettono in scena un eroismo stravolto, cinico e caustico, basato più sulla debolezza che non sulla forza e sulle eccentricità piuttosto che sulle eccezionalità. Gli approcci hanno alcuni punti di contatto ma sono evidentemente diversi: la “locura” famigliare per la serie Netflix e la tetra (ma azzeccatissima) spietata satira di quella Amazon.

In “Umbrella Academy”, infatti ritroviamo la scapigliata famiglia-per-forza degli Hargreeves alle prese con un futuro alternativo (che ricorda molto quello della serie concorrente, a dire il vero) e una nuova apocalisse da sgominare.

Come nei film Marvel, che ormai sono un punto di riferimento dal quale bisogna discostarsi per forza, al centro di tutto ci sono effetti speciali, trame arzigogolate e "multiversiche" così come l'umorismo. Quello che cambia però è il mantra di fondo, cioè è che dai superpoteri più che grandi responsabilità nascono grandi conflittualità, soprattutto se si è un ensemble parentale tenuto insieme con sputo e nastro adesivo.

Dopo una notevole seconda stagione, quindi, “Umbrella” convince e si conferma come una delle cose più interessanti di Netflix anche se soffre un pochino di quella patina di standardizzazione che accompagna tutte le sue ultime produzioni. A mettere la pezza ad alcuni buchi di sceneggiatura ci pensa un cast molto affiatato e dei personaggi davvero memorabili.

Non perde un colpo, invece, "The Boys" che - se possibile - alza ancora di più il tasso di satira verso la dissacrazione assoluta. I suoi disumani superuomini, e il cosmo consumistico che gira loro attorno, diventano così non solo una evidente parodia dell'universo Marvel ma anche della nostra società fra marketing, reality televisivi e social media.

Centro della vicenda è ancora una volta l'onnipotente pseudo-capitan america Homelander, che si concede una svolta decisamente trumpiana, e il coraggioso (o scriteriato) team di "normali" che vorrebbe farlo fuori. Su tutti svetta nettamente il Billy Butcher di Karl Urban, eccezionalmente spassoso nel suo essere sopra le righe. Da segnalare anche una nutritissima serie buffi (e inaspettati) cameo di grandi nomi di Hollywood.

Il vero superpotere della serie Amazon è però la scelta di mettere il politically correct nel cassetto e concedersi anche le cose più incredibili (e turpi) stracciando definitivamente quella calzamaglia supereroistica che ormai è già bella che smagliata. Ed era davvero ora.

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