"Con i öcc d’un fiöö" è il nuovo singolo del cantautore Paolo Tomamichel: uno sguardo malinconico sull'infanzia
LOSONE - S'intitola "Con i öcc d’un fiöö" il nuovo singolo del cantautore Paolo Tomamichel. Il brano, disponibile sulle piattaforme di streaming e i negozi di musica online, è un invito a tutti, grandi o piccoli, di guardare alla vita con più semplicità e innocenza. Per sapere qualcosa di più abbiamo raggiunto Tomamichel nella fase finale del trasloco nella sua nuova abitazione ad Arcegno, frazione del comune di Losone.
Ha cambiato casa anche l'Amanita Studio, dove crei e registri la tua musica?
«Certo! Nuovi spazi, dove andrò avanti a registrare le tantissime canzoni che ho scritto in questi mesi».
C'è un disco all'orizzonte?
«Lo vorrei pubblicare l'anno prossimo, prima - verso Natale - ci sarà un altro singolo».
Veniamo a "Con i öcc d’un fiöö": l'introduzione sembra quella di una ballata tradizionale, ma poi che direzione prende il brano?
«Dopo i mesi trascorsi con la Paolo Tomamichel Band sono tornato a fare tutto da solo, ogni strumento è suonato da me. Ho riutilizzato le chitarre elettriche, per ricreare quelle sonorità alla Dire Straits e Mark Knopfler che amo molto. Ho puntato ai suoni puliti, ai richiami chitarristici che ritrovo nella sua musica e che, oggi, stanno scomparendo... La chitarra, in generale, è sempre meno presente nei brani mainstream».
Come è nata questa canzone?
«La prima strofa (il testo è disponibile sotto, ndr) racconta esattamente quello che è successo: mi sono alzato una mattina prima del sole e ho raccontato la tristezza di essere diventato adulto e di avere uno sguardo differente sulle cose. Cerco, cerco tanto di guardare il mondo con gli occhi di un bambino - con la meraviglia, la libertà e senza ragionare troppo su quello che c'è intorno. Ma è difficile».
È uno sguardo malinconico che chi ti ascolta già conosce.
«Una volta, per i bambini, era diverso. Adesso c'è l'influsso distorto dei social, la sessualizzazione fin da giovanissimi e l'uso stereotipato delle caratteristiche fisiche».
Canti, con rammarico, una certa innocenza perduta dei più piccoli. Ma vale anche per le nuove generazioni, che non hanno conosciuto modelli alternativi?
«Rimpiango i giochi da bambini e la semplicità, come valeva per me negli anni '70. Adesso m'intristisce vedere i ragazzini al parco, ognuno fisso a guardare lo schermo del telefonino. È triste vedere la mancanza del momento condiviso del gioco - ma anche dell'ascolto musicale, come avveniva fino a non troppo tempo fa. Come se la musica non fosse più esperienza, ma sottofondo».
Di cosa avrebbero bisogno, i bambini?
«Di giocare, giocare, giocare, fare le "scemenze" della loro età. Non di essere sempre connessi e manipolati...».
Cosa si potrebbe fare per cercare di vivere un po' meglio?
«Agli adulti direi di ritornare a essere più giocosi nonostante le fatiche del mondo, ad avere un sorriso e una buona parola verso il prossimo. Senza essere in perenne competizione con tutti. Ai ragazzini non posso dire quello che facevamo noi, il mondo è cambiato così tanto... L'unica cosa è giocare, suonare, essere creativi, senza limitarsi a subire passivamente le proposte altrui. Una creatività che deve essere fonte di realizzazione personale e non finalizzata esclusivamente ad avere un nuovo contenuto da postare su TikTok».
Quindi proponi più semplicità e meno "ansia da post"?
«Certo, anche perché sui social ci sarà sempre qualcuno che ti critica, qualsiasi cosa tu faccia, e poi rischi di restarci male. Invece condividi le tue creazioni con la famiglia e i cari amici: sei loro sono contenti e tu anche, cosa devi volere di più?».
Con i öcc d’un fiöö - Paolo Tomamichel
E levà sü una matina prima dal soo,
quando da föra a gira ammò nesün,
e caminà e fumà intorn al campanìn,
e pensà: «Che bèll podé tornà pinìn».
L’ültima stèla l’è ammò lì sül Ghiridòn,
e già ma cìfola ‘ni orécc ‘n’altra canzòn,
e rasegnaa e un zichìnin négar come ’n füm
che chésta müsica la vö scoltà nessün.
Sempar püssée el Mond ul sà pü dove nà:
tra machinéri e guèr e còregh adré ai danée,
brüsà ‘na vita adré ‘na mügia da scemàt:
ma mèti in crüsc a sciüscià la brina da ‘sto praa.
Vedé giugà i bagài coi cicch, a l’era bèll:
i g’ha pü i cicc, ma l’internet tacà al cervèll;
eh dài tosina, và a vestìt, tò giü i cüfiètt:
vèss una dòna ü vör mia dì végh cü e végh tètt…
E femm l’amor con pizza la televisiòn,
leng ‘na poesia in gabinètt con giò i calzòn,
tocà coi guant i fiòo per mia sporcass i man,
sprinzà profüm per scónd el bon odóo dal pan.
Adasi adasi i sa deséda tücc i ómm,
stanott tücc i ha vedü e fai ‘l medesim sögn:
un sögn che l’è rivolüzion; mi a tachi incöö:
da dèss innanz a sarò un ómm con i öcc d’un fiöö.