Il premiato e osannatissimo “Decision to Leave” di Park Chan-wook è da oggi nelle sale ticinesi
LUGANO - Impossibile negarlo, negli anni 2020 per quanto riguarda la cultura pop (e non solo) il centro del mondo è la Corea del Sud. Fra musica (Bts su tutti), serie tv (non solo “Squid Game”) e film di registi gettonatissimi (troppi per poterli citare) il Paese asiatico sta godendo della medesima fortuna e interesse globale che fu per il Giappone a cavallo fra gli anni '80 e '90. E, anche in questo caso, a ben donde.
Le menti creative sudcoreane sono riuscite a condensare e a rendere planetari una serie di temi molto locali (la cesura sociale, l'arrivismo e la povertà endemica ma anche l'amore infinito da romanzo ottecentesco) in chiavi estremamente creative e, soprattutto moderne.
Fra quelli che hanno contribuito alla creazione di questa vague davvero trasversale c'è senza dubbio il regista Park Chan-wook (“Oldboy”), che arriva in sala in Ticino con il suo acclamatissimo “Decision to Leave” (già premiato all'ultimo Cannes). La trama non ha nulla di davvero nuovo: una vedova (che non piange) sospettata di uxoricidio, un detective zelante che durante le indagini si invaghisce di lei.
A essere fuori dalle righe è lo svolgimento e lo sviluppo, di una sensibilità disarmante e dal fortissimo sapore asiatico (e sudcoreano), così come la messa in scena, davvero formidabile. Il lungo rincorrersi e l'amore-non-amore della cinese Seo-Rae (che parla «un coreano imperfetto») e del poliziotto insonne Hae-Jun si protrae così fra immagini bellissime, quieti colpi di scena e momenti strazianti.
Ancora una volta, quindi, Park Chan-wook trasforma così in un film d'autore una premessa da film di genere. Il risultato è un qualcosa che va visto e apprezzato sul grande schermo ma che al pubblico generalista potrebbe anche risultare poco incisiva e forse un po' troppo prolissa. In ogni caso resta del gran bel cinema.