È al cinema l'ultimo exploit di Wes Anderson
SAVOSA - "Asteroid city" è un titolo tra virgolette, metaracconto di un metaracconto di una trasmissione in tv. L'ultimo exploit di Wes Anderson è una serie di scatole che si chiudono e si aprono le une nelle altre, in cui si celebrano allo stesso tempo un passato in bianco e nero, i colori e le scoperte del futuro; e la tragicità comica del teatro. La storia diviene così il racconto della sua creazione e della messa in scena stessa, e assume i contorni di un sogno in cui veniamo catapultati dentro, fuori e sull'orlo del palco.
Ma partiamo dal nocciolo di questo asteroide: siamo nel 1955, ai margini di una "città" fatta di bungalow e di macchinette self service che servono Martini e vendono terreni e in cui si incrociano i destini di alcune famiglie, di una scolaresca e di un gruppo di cowboy che ha perso l'ultimo bus. Il film segue principalmente le vicende di cinque personaggi che stanno compiendo i primi passi nella metabolizzazione di un lutto.
In corso di trama, scopriremo che tutte queste persone sono state invitate a partecipare alla premiazione di una competizione accademica che si terrà in un punto in cui, nei pressi della "città", si è schiantato un asteroide tanto tempo prima. E proprio lì, in quella buca, si verificherà un episodio che costringerà la momentanea popolazione di "Asteroid city" a osservare una quarantena.
Uscito nelle sale ticinesi da pochi giorni, questo lungometraggio accompagna il pubblico dentro e fuori dalla scena che si svolge, aiutandosi con immagini in bianco e nero e sequenze dai colori vivaci che ricordano tanto il technicolor.
Il tentativo di Anderson è, forse, quello di mostrare il palco di un teatro con gli occhi di chi lo calca e soprattutto di chi la scena la scrive. Andando oltre i props e le sagome in cartone delle montagne e rendendo quindi reale l'immaginazione.
Il risultato è una storia leggera, assolutamente godibile e a tratti comica. Che invita a essere riguardata per cercare tutti quei momenti che possono sembrare fuori posto e che invece sono perfettamente in ordine. E soprattutto per ricostruire il percorso che porta a quella frase urlata come un manifesto: «Non puoi svegliarti se non ti addormenti».