"L'Esorcista: il Credente" è il nuovo sequel che il capolavoro di William D. Friedkin non meritava di avere. La recensione
Gli esorcismi sul grande schermo hanno detto tutto già mezzo secolo fa. Con "L'Esorcista", uscito nelle sale nel 1973, William D. Friedkin - al tempo freschissimo di Oscar con “Il braccio violento della legge” - aveva fatto i compiti così bene da rendere quella pellicola una sorta di battesimo per una nuova era dell’horror in sedici noni. E non solo. Il volto deturpato di Regan MacNeil, oltre a essere entrato a gamba tesa nell’immaginario collettivo come simbolo di terrore - c’è chi può non aver visto il film, ma quella faccia la conoscono tutti -, ha tratteggiato i lineamenti di tutto ciò che di buono (molto poco, ndr.) e cattivo sarebbe stato fatto da quel momento in quella particolare nicchia. “L’Esorcista: il Credente” non rientra in quel “molto poco”.
Più di un sopracciglio si levò quando, nel 2021, venne ufficializzato che le chiavi del franchise, dato alla luce dalla penna di William Peter Blatty, erano state affidate - per una nuova trilogia - alle mani di David Gordon Green; l’unico al mondo a poter raccontare di aver "preso a schiaffi" Michael Myers senza aver ricevuto in risposta un fendente di coltello da macellaio in mezzo agli occhi. Che detto così può anche sembrare un vanto ma in realtà, fidatevi, non lo è.
Né anime, né esorcisti
In "Il Credente", Green ha iniziato a fare esattamente quello che già aveva mostrato nel suo requel della saga di Halloween: passa un colpo di spugna su tutto quanto è stato fatto dopo il primo capitolo - e questo, per buona parte, non è un male - per raccontare il suo seguito. In un percorso in precario equilibrio tra la (poco considerata) possibilità di esplorare nuove idee e, soprattutto, la vocazione atavica di Hollywood di mungere fino all'ultima goccia la mammella del brand di turno, fino a prosciugarla. Ed è qui che iniziano i problemi.
Se "L'Esorcista" era un film che affrontava tematiche più "alte", figlie della società americana di quel tempo, attraverso gli stilemi dell'horror, "Il Credente" è una pellicola che arranca cercando di fare suo quello stesso linguaggio, fallendo miseramente e, ancora peggio, senza riuscire a raccontare alcunché. L'horror ha una sua grammatica, che poco si coniuga con l'improvvisazione dietro le macchine. Certo, il genio parte con un vantaggio. Per tutti gli altri ci sono lo studio e, parimenti, il rispetto degli strumenti. E poi, ed è questo il caso, c'è Green, che in due ore scarse di film dimostra di non saper mai innescare la scintilla della tensione. Mai.
Ma... la paura?
Il compitino viene portato a casa cercando di seguire il fil rouge dell'originale, ma i tempi di gestazione sono una sorta di optional. Ci sono l'incipit "distante", la situazione di apparente serenità che viene turbata dall'entrata in scena di una presenza demoniaca e quindi l'inevitabile decorso fino all'esorcismo (o a quello che tale dovrebbe essere, ma su questo ci torniamo a breve, ndr.). Il tutto è però scollato. Le scelte dei protagonisti, così come i loro dialoghi, sono spesso irrazionali. Per non dire demenziali. E, quel che è peggio, gli eventi sembrano non prendere mai vita. È lo stesso film a non avere un'anima da poter possedere. Un paradosso in sé stesso.
E parlando di anime, ci tocca - senza, ovviamente, eccedere nello spoiler - fare una sosta obbligata su quella che dovrebbe essere la sequenza madre del film: la celebrazione del rito dell'esorcismo sulle due ragazzine. E qui non solo vengono messi in fila tutti i cliché del caso, ormai usurati, ma si scivola direttamente nel ridicolo, a partire dalla scelta di assemblare una sorta di "compagnia dell'anello" improvvisata tra il vicinato per prendere a calci il Maligno. Un esorcista? E a che serve... Un ultimo appunto lo merita lo spreco di inserire nel cast Ellen Burstyn - chiamata a indossare di nuovo i panni di Chris MacNeil, la madre di Regan - per poi ridurne la presenza a una sorta di cammeo esteso; messa lì giusto per ricordare a tutti che l'universo narrativo è il medesimo del primo, iconico, film e (ancor di più) per strizzare l'occhio all'orizzonte futuro della saga (il prossimo capitolo è atteso nel 2025), là dove fan service e paraculismo diventano un colore solo.
Verrebbe quasi da dire: per fortuna che Friedkin - che si è spento pochi mesi fa, all'età di 87 anni - non ha potuto vederlo. In realtà non l'avrebbe probabilmente guardato comunque, considerando il disprezzo mai celato verso i sequel precedenti. E anzi, secondo le parole riportate in un tweet dal critico cinematografico Ed Whitfield, il regista profetizzò la sua in merito al nuovo capitolo in questione - e al suo autore - quando questo era ancora nelle prime fasi di sviluppo. Vale la pena ricordarle: «Il tizio che ha fatto quei sequel di Halloween sta per farne uno del mio film, L'Esorcista. Esatto, il mio film simbolo sta per avere un seguito firmato dall'uomo che ha girato Strafumati. Quando accadrà non voglio più esserci. Ma se esiste un mondo spirituale, e avrò la possibilità di tornare, ho intenzione di possedere David Gordon Green e rendere la sua vita un vero inferno». Una battuta, sicuramente. Ma anche una premessa di trama migliore di quella che ha portato "L'Esorcista: il Credente" nelle sale.