A cinquant'anni di distanza vi raccontiamo quell'anno magico per la settima arte. E lo facciamo con cinque film
Se chiedete a un qualsiasi amante del cinema di stilare una classifica delle migliori annate in assoluto, il 1974 sarà sempre presente. E sempre su un gradino molto alto (se non il più alto). E, a mezzo secolo di distanza da quei giorni, vi spieghiamo il perché attraverso cinque pellicole che soffieranno sulle loro prime cinquanta candeline nei prossimi dodici mesi.
"Frankenstein Junior"
Ben più che una parodia dei film della Universal sulla Creatura inventata da Mary Shelley: il capolavoro di Mel Brooks è probabilmente il più grande film comico mai realizzato. Interpreti perfetti dal primo all'ultimo (tutti ricordano l'Igor di Marty Feldman ma perfino il cameo anonimo di Gene Hackman è da applausi) e battute folgoranti per una pellicola che è allo stesso tempo una dichiarazione d'amore sul cinema degli anni '30, ma anche la sua formidabile presa in giro.
“Il Padrino - Parte II”
Fare meglio del primo capitolo era, sulla carta, pressoché impossibile. Di certo Francis Ford Coppola non fece peggio. Da un lato l’ascesa a boss della mafia del giovane Vito Corleone, interpretato da uno straordinario Robert De Niro; dall’altro quella del figlio Michael (Al Pacino), che già lascia intravederne la caduta. Coppola osa, dall’intreccio prende forma l’epica del Padrino, il suo mito, e quei personaggi, già scolpiti nella storia del cinema, diventano immortali.
"Chinatown"
Roman Polanski inventa una spirale di violenza, morte e corruzione (materiale e morale) nella Los Angeles del 1937. L'ispirazione viene dalle guerre dell'acqua (realmente avvenute) in California ma tutto è un grande omaggio a un genere letterario, l'hard boiled, con il suo bagaglio di misfatti, crimini, donne fatali e detective privati. Il mondo di Dashiell Hammett e Raymond Chandler viene magnificamente rievocato con una grande regia e le interpretazioni epocali di Jack Nicholson e Faye Dunaway.
"C'eravamo tanto amati"
Ettore Scola mescola in modo magistrale la politica alla commedia. I protagonisti, tre ex partigiani, rappresentano tre anime della sinistra - compresa quella che ha abbandonato gli ideali, sposando i soldi (letteralmente, in questo caso). Scritto e diretto benissimo, interpretato ancora meglio, è al contempo un film sulla Storia e sulla memoria, su un'Italia che poteva essere e che invece non è stata. Ma è anche la chiusura di una stagione gloriosa: quella della commedia all'italiana.
“Non aprite quella porta”
Quattro soldi e un manipolo di attori sconosciuti. Tanto (o meglio, poco) è bastato a Tobe Hooper per piantare un seme che ancora oggi irradia la sua influenza su tutto il genere horror. Mezzo secolo dopo, la genesi del franchise che ha catapultato Leatherface nell’immaginario collettivo mantiene vivo tutto ciò che il cinema dell’orrore moderno sembra aver invece scordato. Tensione, paura, oppressione e disagio (sul grande schermo) sono ospiti fissi e immortali alla tavola di casa Sawyer: aprite la porta e li troverete lì ad aspettarvi.