"Il giovane Berlusconi" ignora le ombre del personaggio e si concentra sulle luci. Il racconto è divertente, ma parziale
SAVOSA - Silvio Berlusconi è morto oltre 10 mesi fa, ma si continua comunque a parlare di lui. Vuoi perché la sua creatura politica, in vista delle elezioni europee di giugno, non ha saputo svincolarsi dal suo nome scritto a caratteri cubitali nel bel mezzo del logo; vuoi perché la proposta di un francobollo commemorativo ha riacceso il dibattito sulle virtù e le pecche dello statista. Soprattutto, se ne parla perché su Netflix è giunto un documentario in tre episodi, "Il giovane Berlusconi".
Il titolo è di per sé un po' ingannevole: incrociamo il cammino dell'imprenditore rampante quando già è sulla quarantina e di quella che è stata la sua autentica gioventù non ci sono che dei rapidissimi e saltuari accenni. La produzione (B&B Film in cordata con i tedeschi di Gebreuder Beetz Filmproduktion e l’emittente franco tedesca ZDF Arte) spiega che il prodotto è stato realizzato tra il 2022 e il 2023 e si è concluso poche settimane prima del decesso del Cavaliere. Come a mettere le mani avanti: non è un'agiografia realizzata a posteriori, una celebrazione del Divo Silvio, un "santino" che ne canta le lodi.
Eppure... Se c'è qualcosa che manca quasi del tutto ne "Il giovane Berlusconi", è un approccio critico e globale. Le luci splendono e sono abbaglianti, mentre le ombre... esistono, se ne parla, ma gli sceneggiatori (Matteo Billi e Piergiorgio Curzi) e il regista (Simone Manetti) hanno semplicemente scelto di non farle vedere.
Quella che viene mostrata è l'inarrestabile ascesa di un mago degli affari che, dopo aver fatto successo con il mattone, capisce che il business del (suo) futuro è la televisione. Nasce quindi una filosofia: «Comprare le teste che guardano i programmi» a suon di sponsor pubblicitari, che diventano l'architrave dei suoi canali (prima uno, poi tre a pareggiare l'offerta pubblica della Rai).
Il ricco parterre di testimonianze include tutto il Gotha dell'universo Fininvest, poi Mediaset: Fedele Confalonieri, Marcello Dell'Utri, Adriano Galliani. Ci sono collaboratori, dipendenti, osservatori più o meno critici, rivali, ma anche "fedeli" di quell'Idea berlusconiana che si è fatta largo - anche a costo di stiracchiare le leggi a proprio beneficio.
Chi si aspettava da "Il giovane Berlusconi" un racconto giornalistico globale ed equilibrato, non potrà che restare deluso. Di questo segno sono la maggior parte delle critiche pubblicate da siti e quotidiani italiani. Ma se pensiamo invece a un prodotto d'intrattenimento, lo si può considerare un successo. È divertente ascoltare i racconti di quegli anni frenetici e pionieristici, i trucchi per catturare gli inserzionisti e affascinarli, le strategie messe in atto da un uomo che ha dimostrato di essere, più ancora che un venditore eccellente, un vero e proprio incantatore di serpenti, con il talento del giocatore di poker e la spregiudicatezza di chi vuole raggiungere il sogno - costi quel che costi.
Peccato solo per la scarsa qualità di molto del materiale d'archivio, nel quale ci sono anche delle chicche come il dietro le quinte iniziale dell'intervista a Berlusconi fatta da Mike Bongiorno.