
La riflessione in musica di Martix, con la sua "Binario 21", nel Giorno della Memoria
LUGANO - All'interno di "Martix's Vibes", il nuovo Ep del cantautore ticinese Martix, c'è una piccola gemma. È "Binario 21" e il riferimento è inequivocabile: si parla delle vittime della Shoah e del luogo (a Milano) dal quale migliaia di ebrei e oppositori politici furono deportati verso i campi di concentramento, tra il 1943 e il 1945.
Quel luogo, con il suo carico di sofferenze, è diventato il Memoriale della Shoah di Milano. Un baluardo della memoria, insidiato dall'indifferenza e dal passare del tempo. «La memoria è fragile e il timore che le crudeltà del passato possano essere cancellate, con il tacito consenso generale, cresce con il passare del tempo e la inesorabile scomparsa dei testimoni diretti» osserva Martix.
«È questo lo spirito che mi ha spinto a cercare una narrazione diversa, un punto di vista inaspettato. Un racconto non dalla prospettiva della vittima o del carnefice, ma bensì del testimone indifferente. Certo una storia di fantasia, ma basata in un contesto storico ben preciso», ovvero quel maledetto Binario 21 che è rimasto nella memoria dei sopravvissuti, delle famiglie dei deportati - ma anche in quella di chi è stato complice più o meno consapevole.
Il protagonista è infatti un macchinista di treni, che in gioventù guidò i convogli della morte. Lo fece «in una totale indifferenza, senza un briciolo di empatia», mostrando «quella indifferenza assolutamente necessaria per poter portare a termine un qualsiasi progetto di violenza di massa». Martix ha il timore e il dubbio che «sotto sotto», tutto questo possa annidarsi in ognuno di noi. Il macchinista ha un tarlo che lo rode dentro: «I giorni del Binario 21 non puoi cancellare / Tu senti ancora quelle voci urlare, poi non ce la fai».
Con "Binario 21" - e con il videoclip, diretto dal regista ticinese Mirko Aretini - il cantautore ticinese cerca di smuovere qualche coscienza e per farlo ha scelto lo strumento dell'arte. «Ho questa allarmante sensazione che, purtroppo, siamo portati a ripetere sempre gli stessi errori». L'attualità degli ultimi anni sembra dargli tristemente ragione, "assediati" come siamo da «questo clima di totale indifferenza». Ecco così che il ritornello diventa un monito: «Non fare a me quello che non vorresti fosse fatto a te / non fare a me, non fare a me, non fare a me, non fare».