Omar Wicht, consigliere comunale Lega, Lugano
Parto dal presupposto che i sindacalisti che si stanno adoperando in questa lotta siano da elogiare, Giangiorgio Gargantini in primis, ma secondo un mio modestissimo parere è una battaglia persa in partenza.
Purtroppo con un salario minimo non risolvi i problemi del popolo ticinese, bensì li peggiori, o comunque non cambierebbe nulla. E mi spiego, sappiamo bene che in Ticino abbiamo una flotta di 70mila lavoratori frontalieri che sottostanno a dumping salariali, e vari abusi su stipendi e ore lavorative. Non sono mie invenzioni, bensì fatti che parlano chiaro e denunciati da anni, da un sacco di ticinesi che hanno perso il lavoro a discapito di una sostituzione con un frontaliere, denunciandone i motivi.
Un salario minimo non "guarirebbe" i Ticinesi, bensì favorirebbe lavoro in nero e ancor più abusi da parte di datori di lavoro o aziende multinazionali che operano in Ticino senza scrupoli. Basti pensare al bollettino orario delle agenzie interinali o delle aziende stesse, tolgono qualche ora qua e là (con approvazione del dipendente), e il "giochetto è fatto". Piuttosto che usare "palliativi" che non contribuiscono ad un bel niente, bisognerebbe mettere una volta per tutte un blocco imminente dei permessi G a partire da subito.
In parlamento c'è una mozione ferma da mesi, io in municipio a Lugano ho fatto un'interrogazione, so che anche a Berna, Lorenzo Quadri è molto sensibile a questo tema e cerca di portare la sua voce. Dobbiamo assolutamente usare le maniere forti in senso buono, bloccando una volta per tutte per il periodo necessario i permessi G e favorire la riassunzione dei "nostri". Sono sicuro che per un ticinese senza lavoro, magari padre di famiglia, riprendere a lavorare magari dopo anni di delusioni, rialzerebbe l'asticella di autostima e tutta l'economia ne gioverebbe. Il Ticino e i ticinesi devono tornare a risplendere, come il bel sole che accarezza i nostri laghi.