Giulia Petralli, per I Verdi del Bellinzonese / Martino Colombo, per il Movimento per il socialismo
Una politica giovanile rigogliosa deve saper riflettere le sfide e gli ostacoli che le e i giovani si trovano ad affrontare e deve essere basata su obiettivi e linee guida chiari e ben definiti. Obiettivi e linee guida che sembrano assenti a Bellinzona, dove lo spirito repressivo - prerogativa, ma non esclusiva dell’agire del solo Municipio della Turrita - ha segnato l’assenza totale di visione e progettualità sul mondo giovanile negli ultimi 10 anni.
Con l’aggregazione avvenuta nel 2017, la situazione non è purtroppo cambiata, soprattutto perché il Servizio giovani e famiglie è stato assegnato al Dicastero servizi sociali. Come se in fondo, le politiche giovanili non siano da pensare come un investimento per lo sviluppo delle e dei ragazze/i, bensì da affrontare con lo stigma del problema sociale. Quest’impostazione, effimera quanto dubbia, ha per effetto di indurre la Città ad adottare un approccio volto essenzialmente alla risoluzione di problemi, alla prevenzione e alla gestione dei casi più difficili, tralasciando completamente progettualità e atteggiamenti proattivi.
Prova ne è l’anno appena trascorso, durante il quale abbiamo assistito a numerosi ritrovi spontanei di giovani - ma non solo - nelle piazze cittadine. Agli occhi degli scriventi, questi ritrovi spontanei sono l’espressione di una forte necessità di disporre di spazi ricreativi, di punti di incontro e di socialità al di fuori delle logiche commerciali di bar e manifestazioni a pagamento. Ma la Città di Bellinzona, invece di cogliere questi bisogni e provare a migliorare le prospettive per i propri giovani cittadini, guardando agli stessi come una risorsa e non una complicazione, ha optato (per voce del vicesindaco Bersani e del comandante Beltraminelli) per una politica repressiva, volta essenzialmente a invocare l’intervento della polizia (e delle sempre presenti agenzie private!) per qualsiasi cosa. Il risultato tutto negativo della politica giovanile della Città è lampante, e va unicamente a favore di chi giovane ci è stato, ma se ne è dimenticato e ora punta i piedi.
Eppure, se solo ce ne fosse l’intenzione, nella nuova Bellinzona un po’ di spazio può essere trovato per tutti, a condizione di seguire - dicevamo - obiettivi chiari. E anche quando lo spazio viene trovato, la sensazione è che il Municipio pecchi di poca progettualità, come ben dimostra lo skate park realizzato. Questo doveva essere un’area di svago dedicato a una certa fetta della popolazione giovane, ma il risultato, soprattutto in relazione ai costi (circa 300 mila franchi), è assai scarso. La zona ricreativa è circoscritta in pochi metri quadrati rendendo quasi difficile praticare lo sport e a due anni dal termine dei lavori l’illuminazione è tuttora assente; tralasciando il tempo trascorso dalla prima richiesta fino alla realizzazione del progetto.
Apprezzabile, seppur ancora del tutto insufficiente, è l’avvio del Social truck, il furgoncino itinerante che vuole “creare un ponte tra le generazioni, garantendo ai ragazzi un ruolo da protagonisti”. Peccato per l’esiguità del progetto, che da solo si torva a coprire un comprensorio di più di 40 mila abitanti.
Investire nei giovani è investire nel futuro, per questo le risposte politiche devono essere proattive e integrate in un piano preciso, che non venga lasciato alla mercé degli eventi e dei mal di pancia. Una politica volta a trovare spazi di associazione e aggregazione deve essere prediletta alla repressione di quei pochi spontanei tentativi provenienti dal basso di viversi la Città. Nella prossima legislatura sarà innanzitutto fondamentale spostare il Servizio giovani e famiglie al Dicastero educazione e cultura per iniziare a costruire una politica giovanile diversa, partecipativa e aggregativa.