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L'OSPITEBurqa: le autorità federali non hanno seguito l’esempio francese (e ticinese)

22.01.21 - 10:00
Giorgio Ghiringhelli, membro del comitato dell'iniziativa federale
Ti-Press
Burqa: le autorità federali non hanno seguito l’esempio francese (e ticinese)
Giorgio Ghiringhelli, membro del comitato dell'iniziativa federale

Il divieto di dissimulare il volto in pubblico che sarà messo in votazione in Svizzera il 7 marzo è solo in minima parte una misura di sicurezza ma è principalmente una scelta di civiltà necessaria a salvaguardare l’esigenza minima della relazione sociale e del “vivere assieme”, e dunque non infrange i diritti dell’uomo, come del resto nel 2014 aveva stabilito la Corte europea dei diritti dell’uomo esprimendosi sulla legge francese contro la dissimulazione del volto nello spazio pubblico entrata in vigore l’11 aprile 2011.

Un controprogetto che aggira il problema

Purtroppo il Consiglio federale e la maggioranza del Parlamento nazionale non hanno avuto il coraggio di sostenere l’iniziativa popolare che perseguiva questo obiettivo, e hanno deciso di contrapporle un controprogetto indiretto, secondo cui l’obbligo di mostrare il viso scatterebbe solo quando un funzionario federale o cantonale lo richiedesse per verificare l’identità della persona. Una misura minimalista che non contribuirebbe in alcun modo a evitare il diffondersi del velo integrale, come successo in molti altri Paesi europei.

A suo tempo anche il Governo francese aveva esaminato la possibilità d'introdurre solo dei divieti parziali di dissimulare il volto, limitandoli a certi luoghi, o a certi periodi o all’uso di certi servizi. Ma poi aveva optato per un divieto generale, spiegando che l’opzione di un divieto minimalista era stata scartata in quanto “una soluzione del genere, oltre a creare grossi problemi di applicazione, avrebbe costituito una risposta insufficiente, indiretta e fuorviante al vero problema”, che era ovviamente il velo integrale islamico.

È vero che il nuovo articolo costituzionale proposto dall’iniziativa popolare non cita espressamente il velo integrale, ma anche i sassi hanno capito che proprio quello è il bersaglio principale, come dimostrano anche i manifesti pubblicitari a favore dell’iniziativa. A questo proposito è utile precisare che il testo costituzionale proposto dall’iniziativa federale ha ripreso quello che i ticinesi avevano già approvato nel 2013, con l’unica differenza che nel testo federale sono state inserite direttamente le eccezioni al divieto, e ciò per evitare che il Parlamento federale o quelli cantonali potessero aggirare l’ostacolo ampliando tali eccezioni ed estendendole ad esempio alle turiste. Il testo costituzionale approvato dai ticinesi era stato a sua volta ripreso dalla legge francese. Anche in questa legge non v’era alcun riferimento esplicito al velo integrale, e ciò per evitare che i giudici potessero annullare la legge considerandola “discriminatoria” verso le donne musulmane.

Il bersaglio esplicito del Governo francese era il velo integrale

Ecco perché in Francia, e di riflesso in Ticino, si era saggiamente optato per un divieto generale di dissimulare il volto, valido per donne e per uomini di qualsiasi religione. Ma comunque il Governo francese, nel suo rapporto che accompagnava il progetto di legge, era stato molto esplicito nello spiegare che il vero bersaglio del divieto era il velo integrale. Per il Governo la sua diffusione andava bloccata anche se il fenomeno era ancora limitato, e ciò non solo nell’interesse delle donne direttamente toccate dal fenomeno, ma pure in quello di tutta la società.

Il rapporto stilato una decina di anni fa dal Governo francese – che certo non può essere accusato di islamofobia o razzismo o misoginia - conserva tuttora la sua validità, e gli argomenti da esso addotti per giustificare il divieto calzano alla perfezione anche per sostenere l’iniziativa popolare su cui dovranno esprimersi gli svizzeri. Il Governo francese ha dimostrato quel coraggio che purtroppo è mancato alle nostre Autorità federali, le quali non se la sono sentita di seguire l’esempio della Francia, del Belgio, dell’Austria, della Danimarca (e del Ticino) proibendo quel simbolo dell’islamismo radicale che dieci anni fa perfino il gruppo socialista delle Camere federali, in una sua presa di posizione sull’islam, aveva definito “un simbolo di oppressione della donna”.

 Alcuni stralci del rapporto del Governo francese

Ecco a mo’ di riflessione alcuni passaggi in versione originale del rapporto stilato all’epoca dal Governo francese.

“Ce sont les valeurs de la République (liberté, egalité, fraternité) qui sont aujourd’hui remises en cause par le développement de la dissimulation du visage dans l’espace public, en particulier par la pratique du port du voile intégral. (…) Même si le phénomène reste pour l’instant limité, le port du voile intégral est la manifestation communautariste d’un rejet des valeurs de la République. Revenant à nier l’appartenance à la société des personnes concernées, la dissimulation du visage dans l’espace public est porteuse d’une violence symbolique et déshumanisante, qui heurte le corps social.

Si la dissimulation volontaire et systématique du visage pose problème, c’est parce qu’elle est contraire aux exigences fondamentales du vivre ensemble» dans la société française. Par ailleurs, cette forme de réclusion publique, quand bien même elle serait volontaire ou acceptée, constitue à l’évidence une atteinte au respect de la dignité de la personne ainsi recluse (…) et également de celle des personnes qui partagent avec elle l’espace public (…).

Enfin, dans le cas du voile intégral, porté par les seules femmes, cette atteinte à la dignité de la personne va de pair avec la manifestation publique d’un refus ostensible de l’égalité entre les hommes et les femmes, dont elle est la traduction. (…). La pratique de la dissimulation du visage qui peut au surplus être dans certaines circonstances un danger pour la sécurité publique, n’a donc pas sa place sur le territoire de la République. (…) “.

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