Verena Katz, presidente Comitato VPOD personale SACD
Quando ho ricominciato la mia attività professionale in qualità di infermiera dieci anni fa, avevo qualche timore di non essere all’altezza della situazione, in quanto ero rimasta ferma da parecchi anni. Mi sono ben presto resa conto che il lavoro era comunque sempre lo stesso, vale a dire polivalente. Noi operatrici e operatori sanitari siamo confrontati giornalmente con situazioni complesse, gioie e dolori.
Dobbiamo cercare il giusto equilibrio tra professionalità ed empatia verso i pazienti, altrimenti rischiamo di diventare noi stessi quelli che avranno bisogno di cure.
In questo periodo di crisi pandemica il personale sociosanitario è stato più volte citato come indispensabile e siamo stati visti come eroi(ne) di guerra. Tuttavia l’opinione pubblica, e in parte anche quella politica, si dimenticano spesso che quanto viene fatto giornalmente nelle strutture ospedaliere, nelle case anziani, nei servizi di assistenza e cura a domicilio e nelle istituzioni sociali è la norma, da quando esistono queste professioni. Il nostro operato molte volte viene ancora visto come una vocazione e non come una professione che richiede molto impegno. Infatti i turni nei giorni festivi e di notte, la burocrazia crescente, lo spostamento frequente dei giorni di riposo, i picchetti (ufficiali e ufficiosi) cui siamo sottoposti… spiegano perché noi operatrici e operatori siamo sovente stanchi.
Abbiamo scelto questo lavoro perché ci dà soddisfazione, perché è una scuola per la nostra vita, perché essere al servizio di chi ha bisogno delle nostre cure è fonte di gioia e ci fa sentire utili. Per essere performanti e sempre sul pezzo, come si dice al giorno d’oggi, abbiamo bisogno però di essere compresi e valorizzati, riconoscendo quanto facciamo tutti i giorni. Desideriamo essere adeguatamente considerati in termini di salario e di tempo libero. Vogliamo avere a disposizione più personale per avere turni di lavoro meno pesanti e godere di un giusto riposo. Il personale sanitario stanco e demotivato rischia di commettere errori e di entrare nella routine, che è il vero veleno per la qualità delle cure.
Fra otto anni sarò in età di pensionamento e quindi probabilmente beneficerò per poco tempo delle riforme che rivendico oggi, ma faccio appello alle nuove generazioni di non desistere e di lottare, affinché la nostra bellissima professione venga pienamente riconosciuta. Spero che i miglioramenti per i quali lottiamo possano stimolare altre/i giovani ad intraprendere questo cammino professionale. Vi invito dunque a partecipare alla mobilitazione del personale sociosanitario il prossimo 29 maggio.