Marco Romano, consigliere nazionale PPD/Il Centro
Perché dire NO al “matrimonio per tutti” in votazione il prossimo 26 settembre? Perché dietro a questa rivendicazione di società (legittima, ma essenzialmente inutile, data l’esistenza dell’Unione domestica registrata) i promotori hanno infilato una liberalizzazione scriteriata dell’utilizzo della medicina riproduttiva. Fetta dopo fetta (la nota “Salamitaktik” federale), aperta questa via si arriverà all’utero in affitto e alla totale (e innaturale!) relativizzazione del genere del singolo.
Nel concreto, approvando il matrimonio per tutti si autorizza l'accesso senza limitazioni all’adozione e alla donazione di sperma per le coppie lesbiche. Una tale libertà non è data nemmeno alle coppie eterosessuali, mercifica la vita e apre le porte a successive rivendicazioni (utero in affitto) fondate sull’approccio semplicistico dell’eliminazione di discriminazioni, quando di fatto si paragonano realtà differenti tra loro per natura. E poi, perché due donne sì, mentre due uomini no? Il passo verso la maternità surrogata sarà rapidissimo; in tal senso sono già pendenti in Parlamento proposte che la esigono espressamente. L’articolo 119 della Costituzione è invece chiarissimo: la riproduzione medicalmente assistita è permessa solo in caso di infertilità o di rischio di trasmissione di una malattia grave. Classificare le coppie lesbiche come sterili va aldilà di ogni criterio medico, ed è contraddittorio con la stessa natura che impone delle differenze reali e complementari, essenza della pluralità umana.
Con l’Unione domestica registrata le coppie omosessuali dal 2007 godono di pari diritti rispetto alle coppie eterosessuali. Alcune piccole differenze tra il matrimonio e l'Unione registrata rimangono solo nel diritto patrimoniale e in quello ereditario. Queste devono essere corrette nel quadro dell’Unione domestica. È evidente che introducendo il matrimonio per tutti non si mira a eliminare tali differenze, ma a un cambio di paradigma abilmente mascherato. E meglio, dietro a una campagna fondata sui sentimenti che di fatto non necessitano (per fortuna!) di basi legali, e il contrasto virulento verso chi la pensa diversamente (quanta intolleranza da parte di chi chiede rispetto!), si vuole legalizzare “il diritto a un figlio”, anche quando questo diritto va contro natura ed elimina il ruolo del padre. L’uomo viene ridotto a semplice donatore di sperma, anonimo e invisibile almeno fino ai 18 anni del figlio. A livello legislativo la paternità sparisce. Chi pensa al bene dei bambini? Alle domande e risposte dell’infanzia e dell’adolescenza sulle proprie origini, fondamentali per la crescita equilibrata? Una questione del tutto marginalizzata nel nuovo disegno di legge. L’interesse egoista degli adulti dimentica lo sviluppo globale della società.
Non metto in discussione la varietà di modelli di famiglia esistenti. Nessuna forma è migliore, nulla è perfetto. Sia tra omosessuali che tra eterosessuali vi sono storie di felicità e momenti di sofferenza. Con questa riforma non si va tuttavia a migliorare questa pluralità di forme, ma a stabilire per legge che il desiderio di un figlio diventi un diritto, aldilà dell’interesse primario del minore.